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Caso “Nave U. Diciotti”: la Corte di Appello di Roma nega la natura di “atto politico” della condotta posta in essere dal Governo italiano

Corte di Appello di Roma, Sezione I Civile, sentenza n. 1803 del 13 marzo 2024

Foto: Luigi D’Alife "Stop the attack on refugees" All rights reserved CC BY-NC-ND

La Corte d’Appello di Roma ha completamente disatteso la fantasiosa ricostruzione della responsabilità dello Stato Italiano per il trattenimento dei migranti eritrei sulla nave “Diciotti”, di cui alla delibera del Senato della Repubblica che negò l’autorizzazione a procedere contro l’allora Ministro Salvini. La sentenza ha avuto sul punto un esito positivo per i migranti appellanti, accogliendo il primo motivo di appello, salvo respingere gli altri motivi con una non condivisibile interpretazione del requisito soggettivo della colpa grave in capo alla P.A., ritenuta non sussistente in quanto dall’attuale quadro di diritto internazionale del mare deriva l’obbligo di ius cogens di salvare i naufraghi in mare, mentre l’obbligo di fornire il POS è rimesso alle autorità statali che devono provvedervi in un tempo ragionevole. Da tanto la Corte romana ha desunto l’esistenza di una colpa scusabile atteo che, all’epoca, vigeva una controversia di diritto internazionale tra Malta ed Italia sulla delimitazione ed estensione della zona SAR di competenza dei due Paesi e, tra l’altro, la questione dello sbarco dei migranti della Diciotti era stata rimessa ad una riunione urgente del Consiglio d’Europa. La non condivisibilità deriva dal fatto che la Corte ha completamente eluso il motivo di appello relativo alla violazione dell’art. 13 Cost., il cui contenuto è chiaro e non ammette errori scusabili nella sua lapalissiana interpretazione, circa la necessità che ogni restrizione della libertà personale sia rigorosamente convalidata dall’autorità giudiziaria nelle successive 96 ore, circostanza non avvenuta nel caso dei naufraghi della Diciotti.

Di seguito la nota a sentenza redatta dagli avv.ti Alessandro Ferrara e Costanzo Di Gioia che ringraziamo per questa segnalazione.

Presidente Relatore: Dott. Pinto Diego
Consiglieri: Dott.ssa Dotti Ludovica e Dott.ssa Gelato Elena

La Corte di Appello di Roma, Sezione I Civile, con la sentenza in commento – la n. 1803 del 13 marzo 2024 – in riforma della decisione resa dal Tribunale Ordinario di Roma, ha accolto il primo motivo di gravame con il quale gli appellanti, per il tramite dell’Avvocato Alessandro Ferrara, del Foro di Roma, avevano contestato la natura di “atto politico” della complessiva condotta posta in essere dal Governo italiano nella vicenda della motonave “Diciotti” della Guardia costiera italiana che, il 16 agosto 2018, soccorse 190 persone nelle acque internazionali al largo dell’isola di Malta. Si ricorderà che per cinque giorni l’imbarcazione rimase ferma al largo di Lampedusa. Il 20 agosto la “Diciotti”, su disposizione dell’allora Ministro dei trasporti, On. Danilo Toninelli, si diresse verso il porto di Catania, ma il Viminale, presieduto dall’On. Matteo Salvini, negò l’autorizzazione allo sbarco dei migranti. I ricorrenti, con ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ., depositato il 13 dicembre 2018, adivano il Tribunale monocratico di Roma ed ivi chiedevano di accertarsi e dichiararsi l’illegittimità della condotta del Governo Italiano, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri e/o del Ministero dell’Interno in persona del Ministro p.t. e, per l’effetto, di condannarli in solido, o ciascuno per la propria parte di responsabilità, al risarcimento dei danni per ogni giorno di illegittimo trattenimento sulla motonave “U. Diciotti” senza che fosse loro consentito lo sbarco sulla terra ferma, in aperta e palese violazione dell’art. 5 della Convenzione E.D.U. che, secondo la Corte di Strasburgo, si applica anche alle procedure di trattenimento degli stranieri extracomunitari, essendo la detenzione amministrativa del tutto equiparabile, ai fini della ridetta Convenzione, alla detenzione carceraria, in quanto una delle mutevoli forme di privazione della libertà (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza del 09/12/2009, ric. 3449/05 Hokic e Hrustic c/Italia).

Con ordinanza pubblicata il 9 luglio 2019, il Tribunale di Roma, aderendo alla tesi prospettata dalla difesa dello Stato, aveva dichiarato l’assoluta carenza di giurisdizione, e di qualsivoglia giurisdizione, sulla controversia in esame, qualificando l’azione del Governo italiano alla stregua di un “atto politico” e, come tale, insindacabile dall’Autorità giudiziaria. Il Tribunale aveva motivato la decisione facendo leva anche sulla circostanza che tale qualificazione giuridica della vicenda era stata fatta propria dal Senato della Repubblica che, nella seduta del 20 marzo 2019, in esito alla posizione del Ministro dell’Interno, Senatore Matteo Salvini, in accoglimento della proposta, espressa a maggioranza, della Giunta per le Elezioni e le Immunità Parlamentari, aveva deliberato il diniego della richiesta di autorizzazione a procedere, attesa la sussistenza, nel caso di specie, dell’esimente del perseguimento del preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo di cui all’art. 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1 del 1989.

La Corte di Appello, investita del gravame, entra nel merito della condotta posta in essere dal Governo italiano che “si è sostanziata nel diniego del rilascio del POS (Place of Safety) da parte del Ministero dell’Interno, da cui è derivato il diniego alla sbarco e il trattenimento dei migranti sulla nave Diciotti sino al 25 agosto 2018” (cfr.: pag. 3, punto 3, primo capoverso), rilevando, in particolare, che – sulla base della normativa di riferimento, in particolare la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 “SOLAS” (Safety of life at sea) e la Convenzione internazionale di Amburgo sulla ricerca ed il soccorso marittimo del 1979 “SAR” (Search and Rescue) – “l’obbligo di prestare soccorso in mare dettato dalle menzionate convenzioni si completa con lo sbarco in un luogo sicuro, cd “Place of Safety”” (cfr.: pag. 3, punto 3, ultima parte) .

La Corte di Appello, quindi, quantomeno sotto l’anzidetto profilo, con una motivazione lineare e coerente con il dato normativo nazionale e sovranazionale vigente – condividendo quanto già asserito dal Tribunale di Catania, Sez. Reati Ministeriali, seppur in sede di Relazione del 7 dicembre 2028, depositata il 22 gennaio 2019 – giunge a qualificare la procedura di designazione del POS quale “atto amministrativo endo-procedimentale vincolato nell’an e discrezionale nel quomodo” (cfr.: pag. 4, prima parte), con la conseguenza che questo sia pienamente sindacabile in sede giurisdizionale, atteso che “il potere concretamente esercitato è sottoposto a vincoli normativi (anche sotto il profilo procedimentale) a fronte dei quali vengono in rilievo situazioni giuridiche individuali in astratto meritevoli di tutela giurisdizionale” (cfr.: pag. 4, prima parte). “In definitiva” – scrive la Corte di Appello – “la condotta del Governo, per la sussistenza dei parametri giuridici che ne vincolano l’esercizio e per la presenza di pretese giustiziabili, deve qualificarsi (…) alla stregua di un atto amministrativo – più precisamente un atto di alta amministrazione – pienamente sindacabile”.

Orbene, che la generale condotta tenuta dal Governo italiano, nel caso di specie, dovesse essere qualificata alla stregua di “un atto amministrativo”, o di “alta amministrazione”, e non di un “atto politico” o “di indirizzo politico”, e che pertanto fosse pienamente sindacabile in sede giurisdizionale, è quanto censurato in primis dai ricorrenti, i quali avevano sin da subito evidenziato che la condotta tenuta, in particolare, dal Ministero dell’Interno, nella persona del senatore Matteo Salvini, aveva, di fatto, inciso direttamente ed immediatamente sulla sfera giuridica dei naufraghi salvati dalla Guardia Costiera, comportando la lesione di diritti fondamentali, costituzionalmente tutelati, quali il diritto alla libertà personale di cui alla riserva di giurisdizione contenuta nell’art. 13 Costituzione.

Dunque, la sentenza in commento si segnala soprattutto perché, per la prima volta, in sede giurisdizionale civile, seppur conformemente a quanto già sostenuto dal Tribunale dei Ministri di Catania in sede di relazione, si afferma la natura “amministrativa”, e perciò sindacabile, della modalità di gestione, da parte del Governo italiano, della vicenda “Diciotti”.

Tuttavia, se si rinviene, chiaramente, nella decisione della Corte d’Appello, che la scelta di differire lo sbarco dei migranti e di trattenerli per cinque giorni sulla motonave “U. Diciotti” sia estranea alla ridetta procedura di natura amministrativa, ciò che, non si rinviene altrettanto chiaramente è una netta affermazione dell’illegittimità della condotta del Governo italiano.

Invero, accertata la sindacabilità della condotta posta in essere dal Governo italiano e, in particolare dal Ministero dell’Interno, in persona dell’allora Ministro Matteo Salvini, ed accertata, di conseguenza, la sussistenza dell’“evento dannoso”, la Corte d’Appello, entrando nel merito della richiesta risarcitoria, involve in una serie di considerazioni che culminano nella negazione della sussistenza dell’elemento della “colpa” dell’amministrazione che, a parere degli scriventi, non sono condivisibili.

In sostanza, la Corte di Appello, muovendo dall’asserita “incertezza che domina la materia, la quale (…) ha generato un vero e proprio conflitto di attribuzioni, specie tra i Paesi rivieraschi”, ed imputando agli appellanti un difetto di allegazione in ordine all’indicazione “di una norma cogente che espressamente imponga l’immediato obbligo di sbarco sul territorio nazionale per i migranti soccorsi in mare”, giunge a negare il requisito della “colpa”, ossia a negare il nesso eziologico tra l’accertato “evento dannoso” e l’imputabilità di questo all’amministrazione centrale.

In conclusione, se sotto il primo dei profili evidenziati, la sentenza in commento accerta che la procedura di rilascio del POS ha natura amministrativa e vincolata, residuando uno spazio di discrezionalità tecnica sul quomodo, e quindi smonta la principale argomentazione difensiva dell’amministrazione centrale, sostenuta anche nel pieno della gestione della vicenda della motonave “Diciotti”; nel merito, pur avendo evidenziato l’illegittimità di detta condotta, non ha ritenuto sussistente la “colpa” del Governo italiano per il danno subito dai ricorrenti con una motivazione fumosa che sembra quasi un invito al legislatore nazionale e sovranazionale a rimediare alla inesistenza di una norma cogente che espressamente imponga l’immediato obbligo di sbarco sul territorio nazionale per i migranti soccorsi in mare.