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Trieste. Il Silos è sotto sgombero

Linea D'Ombra: il 28 aprile in Largo Santos alle 18.00 troviamoci per parlarne

PH: Andrea Vivoda

Il Silos di Trieste, un edificio abbandonato a pochi passi dalla stazione centrale. Imponente, decadente e malsano, in questo luogo ormai da anni – nella totale assenza di risposte istituzionali ai vari livelli – trovano rifugio le persone in movimento in arrivo dalla cosiddetta “rotta balcanica“.

«Nonostante le condizioni di vita al suo interno siano terribili, chiudere uno spazio grande e libero come il Silos senza aprirne uno alternativo non è certo una soluzione, anzi», commenta l’associazione Linea D’Ombra in merito alla comunicazione della Prefettura di uno sgombero definitivo in tempi brevi del grande edificio. «Il Silos è, tanto per chi transita quanto per chi richiede asilo, l’opzione migliore dove vivere e le persone non lo considerano solo come un dormitorio, ma anche come un luogo dove socializzare, giocare, cucinare e rilassarsi senza dover subire limitazioni per svolgere tali attività. Proprio come fanno di solito le persone con documenti nelle proprie case».

«Non tutte le persone che vivono nel Silos» – continua l’associazione che quotidianamente nel piazzale di fronte alla stazione di Trieste si occupa di fornire assistenza e cura alle persone in arrivo – «sono richiedenti asilo in attesa che il Prefetto Signoriello “le salvi“. Solo alcune richiedono formalmente accoglienza. Di fatto, molte intendono ripartire per raggiungere altri Paesi già pochi giorni dopo aver raggiunto Trieste. Come sempre, banalizzare e generalizzare le informazioni non aiuta a comprendere le esigenze di chi migra».

Ancora una volta, l’unica “soluzione” a cui le istituzioni – nazionali e triestine – riescono a pensare è l’uso della forza. Negli ultimi anni il campo scout di Campo Sacro, scelto come destinazione per le persone sotto sgombero, aveva 250 posti, numero insufficiente ad accogliere le persone richiedenti asilo, per non parlare di quelle in transito.

La scelta è politica perchè le alternative ci potrebbero essere, se solo lo si volesse. In città esistono diversi edifici vuoti e abbandonati che potrebbero essere utilizzati per l’accoglienza. Un esempio lampante è lo stabile, abbandonato da oltre 15 anni, che si trova a due passi dal Silos, in Via Gioia. Le fotografie e i video realizzati all’interno di questa struttura, che avrebbe tutte le caratteristiche per essere usato fin da subito, sono state diffuse da un gruppo di attiviste ad inizio marzo. Lo spazio è stato aperto per mostrare l’assurdità di tenerlo chiuso.

«Con gli arrivi in aumento come ogni primavera, queste centinaia di persone dove potranno trovare riparo, se non nel Silos?

Inoltre, la Prefettura di Trieste ha detto chiaramente che non si occuperà delle persone in movimento e dei richiedenti asilo che hanno iniziato la procedura in altre città. Che fine faranno queste persone? Gli esseri umani in difficoltà non scompaiono solo perché le istituzioni si rifiutano di vederli».

Linea D’Ombra invita ad un momento di incontro per domenica 28 aprile in Largo Santos (ex Sala Tripcovich), a partire dalle 18:00. «Vogliamo stare insieme, discutere, proporre alternative, ma anche semplicemente stare insieme e divertirci. Come abbiamo fatto il 2 marzo e il 10 aprile, non resteremo in silenzio. Se il Silos verrà chiuso, le persone in movimento troveranno altri spazi dove vivere liberamente».

Uno sgombero comporta sempre violenza. La Prefettura dice di voler salvare chi vive nel Silos, in realtà il chiaro obiettivo è nascondere sotto il tappeto un supposto problema di decoro, oltre che politico e mediatico. Per questo motivo, faremo in modo di essere presenti nel giorno dello sgombero, per prevenire o documentare gli abusi che potrebbero verificarsi.

Essere richiedente asilo a Trieste

Richiedere asilo non è semplice. Dopo aver manifestato l’intenzione, per formalizzare la domanda è previsto che una persona rilasci le proprie impronte digitali presso la Questura. Nel farlo, attesta anche di non avere mezzi di sostentamento, chiedendo così alla Prefettura di provvedere un posto in uno dei centri di accoglienza per richiedenti asilo presenti sul territorio. A Trieste, come in altre città, i posti nei centri di accoglienza non sono mai sufficienti. 

Il viaggio, se affrontato con un passaporto afgano, pakistano o bengalese, può costare fino a 15.000 euro. I debiti contratti per pagarlo inseguono le persone oltre le frontiere, più tenacemente dei cani della polizia bulgara. Qualunque sia il paese di provenienza, il primo pensiero all’arrivo in Europa è quello di trovare un lavoro per ripagare gli alti interessi del viaggio a strozzini e trafficanti, cosa resa impossibile dalla burocrazia italiana, a causa di tempi impietosi e strutture inadeguate e isolate. Per questo motivo, molti richiedenti asilo non hanno interesse a entrare nel sistema di accoglienza: l’obiettivo principale è ottenere un permesso di soggiorno per iniziare a lavorare.

Fornire una sistemazione adeguata e legale a chi vuole iniziare la propria vita e trovare un lavoro qui è una priorità, non solo perché il Silos è un ambiente di vita degradante, ma anche perché per il rilascio del Permesso di Soggiorno è necessario che ogni richiedente asilo abbia un indirizzo ufficiale. La Questura di Trieste ha pensato bene di utilizzare un indirizzo fittizio, “Via della Casa Comunale“, per coloro che non ne hanno uno vero. Anche se questa procedura può sembrare utile, poiché permetterebbe di lavorare (quasi certamente sotto sfruttamento), produce in realtà un caos burocratico dovuto alla registrazione presso un indirizzo non esistente, dove non possono arrivare le comunicazioni ufficiali.

Linea d'Ombra ODV

Organizzazione di volontariato nata a Trieste nel 2019 per sostenere le popolazioni migranti lungo la rotta balcanica. Rivendica la dimensione politica del proprio agire, portando prima accoglienza, cure mediche, alimenti e indumenti a chi transita per Trieste e a chi è bloccato in Bosnia, denunciando le nefandezze delle politiche migratorie europee. "Vogliamo creare reti di relazioni concrete, un flusso di relazioni e corpi che attraversino i confini, secondo criteri politici di solidarietà concreta".