La sensazione nel vedere i loro volti, i bagagli, il cammino lungo l’argine del Brenta, è per certi versi simile a quella che abbiamo percepito lungo la rotta balcanica.
Qualcosa di nuovo e di inatteso sta accadendo: i protagonisti di questa mobilitazione stanno dando uno scossone al fallimentare sistema di accoglienza italiano, hanno scelto l’esodo autorganizzato dal lager per avere visibilità, per richiedere un’accoglienza dignitosa.
Hanno deciso di mettersi nuovamente in marcia, di abbandonare la stanzialità e lo scorrere monotono del tempo per cercare di oltrepassare – questa volta – un confine interno, eretto nei nostri territori per isolarli dal resto della società, per ghettizzarli e farli sentire inutili.
Secondo l’ultimo rapporto di Oxfam – “La lotteria Italia dell’accoglienza” – 8 persone migranti su 10 sono accolti nel sistema dell’emergenza permanente che può vantare 7mila strutture di accoglienza straordinaria, in cui sono carenti (o assenti) i servizi adeguati per l’inclusione.
Oltre un migliaio di richiedenti asilo sono ammassati a Cona, in uno dei più grandi centri presenti in Italia. E sono loro che lasciandolo, ne chiedono la chiusura per non tornarvi mai più, per sentirsi realmente accolti.