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A San Ferdinando iniziano le attività nell’Hospital(ity) school

Terminata la fase di montaggio della struttura sono iniziati i primi corsi

Photo credit LU.NA. Nadia Lucisano Ph

Mancava solo il giallo a colorare la zona industriale di San Ferdinando. Il colore di Hospital(ity) school svetta tra il blu delle tendopoli e il marrone delle baracche del vecchio insediamento dei braccianti che, negli ultimi mesi, a dispetto di proclami e promesse, si sta “mangiando” la terra che sta intorno e allargando sempre di più il suo confine, simbolo di sfruttamento e ancestrale radicamento all’idea che tanti e tante possano vivere in condizioni disumane nell’invisibilità generale.

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Hospital(ity) school nasce nel marzo del 2017 dalla collaborazione di più realtà del Trentino Alto Adige: da una parte il Collettivo Mamadou di Bolzano, già presente da qualche anno all’interno della vecchia tendopoli di Rosarno, dall’altra il Collettivo di architetti Area 527 e Brave New Alps di Rovereto che si sono occupati della progettazione, costruzione e montaggio della struttura insieme a un gruppo di richiedenti asilo trentini che, nel tempo, sono diventati il cuore del progetto.
A fare da “collante” con la Calabria, la cooperativa SOS Rosarno che, oltre ad occuparsi del trasporto della struttura a San Ferdinando, ha inserito nel progetto una visione politica improntata al mutualismo e all’autorganizzazione.
Hospital(ity) così ha trovato, sin da principio, il suo sbocco naturale nella più ampia campagna Overthefortress.

Al centro di tutto un territorio, quello della Piana di Gioia Tauro, dove la raccolta delle arance, e degli agrumi in generale, è il grande capitale di una terra spesso maltratta e inquinata, percorsa da una ‘ndràngheta che, nell’ultimo periodo, sembra aver rialzato la testa ferocemente; un territorio dove migliaia di braccianti, per lo più africani, diventano il simbolo di uno sfruttamento organizzato che arricchisce pochi e marginalizza i tanti in una condizione di “abitare illegale”, come la definisce l’antropologo Andrea Staid, che ha il suo fulcro, in Calabria, nella zona industriale di San Ferdinando, tra vecchie e nuove tendopoli, ma che si sta pian piano “normalizzando” in insediamenti informali (baracche e tende) nella maggior parte delle città italiane 1.

Inserita all’esterno della nuova tendopoli di San Ferdinando, proprio per simboleggiare un’alternativa “esterna” appunto al vivere in tende o baracche, Hospital(ity) school sarà gestita da una serie di realtà del posto tra cui MEDU, Emergency e la CGIL della Piana diventando così una scuola, un punto legale e sanitario.

Hospital(ity) school, uno dei primi progetti di architettura meticcia e migrante, non si è avvalso di finanziamenti pubblici ma da più di 200 donazioni private; per progettare, costruire, assemblare, trasportare e finanziare la struttura sono servite circa 20 mila ore di lavoro grazie ai circa cento volontari e volontarie che, in un modo o nell’altro, hanno permesso la realizzazione di un progetto che, almeno inizialmente, sembrava impossibile.
E con immensa emozione, ieri, Hospital(ity) School ha preso vita con la prima lezione: tra un banco e l’altro, si respira aria di inarrestabile umanità e solidarietà.

Rassegna stampa:
A San Ferdinando nasce “Hospitality School” primo progetto di architettura meticcia per bisogni primari dei migranti – tratto da manifest.
A San Ferdinando c’è “Hospitality”, tratto da Corriere della Calabria
Rovereto: un riparo di design, grazie anche ai profughi, tratto da l’Adige
Solidarietà migrante, i richiedenti asilo trentini nel ghetto di Rosarno per allestire una scuola tra le baracche dei braccianti – tratto da il Dolomiti

  1. Per una parziale mappatura di questi insediamenti informali si veda il rapporto Fuori Campo di Msf http://www.meltingpot.org/Fuori-campo-la-mappa-di-migranti-e-rifugiati-esclusi-dal.html

Matteo De Checchi

Insegnante, attivo nella città di Bolzano con Bozen solidale e lo Spazio Autogestito 77. Autore di reportage sui ghetti del sud Italia.
Membro della redazione di Melting Pot Europa.