Lo scorso sabato 21 ottobre si è tenuta un’assemblea pubblica ad Ancona completamente ignorata dai giornalisti marchigiani. Il mancato risalto mediatico non ha corrisposto alla partecipazione delle tante e diverse persone che hanno passato il sabato pomeriggio nella piazza del mercato del Piano, il quartiere più meticcio di Ancona, per parlare di antirazzismo, accoglienza e libertà di movimento.
In questa città mancava da troppo tempo, un luogo di confronto che riuscisse a mettere insieme migranti, rifugiati, realtà sociali, gruppi religiosi e laici, sindacati, studenti e professori. Gli interventi che si sono susseguiti non hanno tentato di nascondere le differenze tra i vari soggetti, riconoscendo un valore a quelle diversità disponibili a sedersi nello stesso cerchio, per testimoniare che esiste una parte di società che non vuole più accettare il clima di paura del diverso e del povero alimentato dalle leggi Minniti-Orlando.
La denuncia delle violenze sui migranti, prodotte dall’esternalizzazione delle frontiere, si è unita alla volontà di immaginare nuovi percorsi di solidarietà e mobilità, di sperimentare nuove forme che riescano a connettere e a comunicare con i territori solidali europei.
Nel racconto dei migranti e di chi lavora nell’accoglienza è stata evidenziata più volte la necessità di una riforma del sistema di accoglienza, che oggi funziona solo per pochi casi fortunati, mentre abbandona per la strada e nell’esclusione sociale chi non ottiene il permesso. L’accoglienza oggi, dopo anni di gestione emergenziale e lavoro precario degli operatori e dopo le novità introdotte dalla legge di riforma della protezione internazionale, prevede la sovrapposizione, a intermittenza, del ruolo dell’operatore a quello di ufficiale giudiziario, rischiando di produrre delle gravi distorsioni nella relazione di fiducia tra i beneficiari e gli operatori stessi. La testimonianza dello sgombero violento dello stabile di via Curtatone a Roma e della mancanza di volontà nel risolvere il problema di migranti e rifugiati che vivono per strada nella capitale ha arricchito il dibattito, riuscendo a far riflettere sul clima securitario e razzista che si vive oggi in Italia. L’intervento sul valico di frontiera nel porto di Ancona è stata un’ulteriore dimostrazione del peggioramento delle politiche d’accoglienza, che riduce le risorse destinate ai servizi fondamentali per l’accesso alla richiesta di protezione internazionale.
Sembra nascere una risposta a tutte le forme di discriminazione che si consumano quasi quotidianamente da nord a sud del paese, che si sta costruendo nei dibattiti collettivi e nelle assemblee convocate nelle piazze di diverse città, che si sono date appuntamento a Roma per l’Assemblea del 5 novembre.
Ambasciata dei diritti Ancona