Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Arresto e concessione dell’estradizione del richiedente asilo: il caso di un cittadino pakistano

Corte di Appello di Caltanissetta, sentenza del 10 maggio 2019

La sentenza emessa il 10.05.2019 dalla Corte d’Appello di Caltanissetta – Sezione seconda penale – si riferisce alla revoca della misura della custodia in carcere ai fini estradizionali del Sig. R. cittadino pakistano.

Quest’ultimo è giunto in Italia ed ha presentato domanda di protezione internazionale che è stata rigettata dalla Commissione Territoriale sulla base di una valutazione di non credibilità delle dichiarazioni rese. Il richiedente riferiva di avere lasciato il suo Paese in quanto accusato ingiustamente di un crimine e di rischiare la pena di morte e comunque trattamenti inumani e degradanti, non potendo esercitare il diritto di difesa e di accesso ai mezzi di giustizia a causa di un sistema giudiziario non democratico e non garante dei diritti.

Avverso il provvedimento di diniego emesso dalla Commissione Territoriale è stato proposto ricorso dall’Avv. Delia Perricone innanzi il Tribunale di Caltanissetta – Sezione Specializzata in materia di Immigrazione e Protezione Internazionale.
In data 11.3.2019 il Sig. R. veniva tratto in arresto a seguito di mandato di arresto internazionale e successivamente a seguito delle sentenza allegata rimesso in libertà.

– Scarica la sentenza
Corte di Appello di Caltanissetta, sentenza del 10 maggio 2019

Commento alla sentenza dell’Avv. Diego Perricone.

Ai sensi dell’art. 715 comma 6 c.p.c. la misura cautelare applicata in via provvisoria è revocata se nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione allo Stato estero non sono pervenuti al Ministero degli Affari Esteri o al Ministero della Giustizia la domanda di estradizione e i documenti previsti dall’art 700 c.p.p. ” (Corte di Appello di Caltanissetta – Sez. seconda penale – 10.5.2019)

In data 5.10.2018 il Sig. R. di nazionalità pakistana, formalizzava la domanda di
protezione internazionale.
Successivamente all’audizione innanzi la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale veniva emesso un provvedimento di rigetto sulla base di una valutazione di non credibilità delle dichiarazioni rese. Il richiedente riferiva di avere lasciato il suo Paese in quanto accusato ingiustamente di un crimine e di rischiare la pena di morte e comunque trattamenti inumani e degradanti, non potendo esercitare il diritto di difesa e di accesso ai mezzi di giustizia a causa di un sistema giudiziario non democratico e non garante dei diritti.

Avverso il provvedimento di diniego emesso dalla Commissione Territoriale è stato proposto ricorso dall’Avv. Delia Perricone innanzi il Tribunale di Caltanissetta – Sezione Specializzata in materia di Immigrazione e Protezione Internazionale -.
In data 11.3.2019 il Sig. R. veniva tratto in arresto a seguito di mandato di arresto internazionale.
In data 12.3.19 la Corte di Appello di Caltanissetta (Presidente Dott.ssa Maria C. Giannazzo), dopo l’interrogatorio di garanzia alla presenza del difensore Avv. Diego Perricone, convalidava l’arresto e attivava tutti i “canali procedurali”, per cui si rimaneva in attesa che lo Stato richiedente inviasse, entro i termini e con le forme di rito i documenti richiesti ope legis. Preliminarmente alla questione di merito in ordine alla fattibilità della concessione dell’estradizione, è stata posta la questione in ordine al rito, in particolare al tempus e alle modalità di invio della documentazione da parte del Pakistan.

Invero l’art.700 cpp novellato al n.1 recita: “l’estradizione è consentita soltanto sulla base di una domanda alla quale sia allegata copia del provvedimento restrittivo della libertà personale o della sentenza di condanna a pena detentiva che ha dato luogo alla domanda stessa“; al successivo punto 2 indica espressamente gli atti che devono essere allegati.
L’art.715 n.6 individua espressamente i soggetti a cui lo stato estero richiedente deve inviare i “documenti a sostegno della richiesta di autorizzazione”.
I soggetti abilitati alla ricezione, per legge, sono il Ministero degli Esteri e/o il Ministero della Giustizia. Tale articolo recita inoltre: “le misure cautelari sono revocate se entro 40 giorni non sono pervenute al Ministero degli affari esteri o a quello della Giustizia la domanda di estradizione e i documenti previsti dall’art.700“.

Giorno 26.4.2019 perveniva alla Corte di Appello di Caltanissetta nota del Ministero dell’Interno con la quale si comunicava: “il collaterale Ufficio Int. Islamabad ha fatto pervenire in data odierna la seguente comunicazione INFORMALMENTE TRADOTTA.
Abbiamo riferito alle nostre competenti autorità di inviare la documentazione
estradizionale alle Autorità Italiane attraverso il canale diplomatico
“. A seguito della datazione e della forma dell’invio della documentazione si è posta preliminarmente la questione in ordine alla ritualità della procedura di invio della documentazione e della eventuale perenzione del termine di presentazione della domanda di estradizione e ciò in quanto la norma di cui sopra individua espressamente sia il soggetto richiedente (stato estero) sia quello recipiente (Min. Aff. Esteri e/o quello della Giustizia), per cui qualsiasi altro canale attraverso il quale transitano i documenti deve ritenersi irrituale. Come ribadito dalla Suprema Corte :”…Va dunque affermato il principio di diritto secondo cui,… ove sia stata applicata provvisoriamente una misura coercitiva a norma dell’art. 715 c.p.p., questa deve essere revocata qualora alla scadenza del termine massimo decorrente dal giorno dell’arresto (da computare nel termine) non sia stata indirizzata dal MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DELLA PARTE RICHIEDENTE al Ministero della
giustizia italiano o per via diplomatica la domanda di estradizione, corredata dai
documenti giustificativi, nulla rilevando che detta domanda sia pervenuta nel detto
termine all’organizzazione internazionale di polizia criminale (Interpol) o ad altra
autorità diversa dal Ministero della giustizia o dal Ministero degli esteri (o sue
rappresentanze)
.”(vedi Sent.Cass. n.9092/13). Quindi anche per la giurisprudenza
consolidata gli unici soggetti abilitati alla trasmissione e alla ricezione sono il Min. della Giustizia dello Stato Estero e il Min. della Giustizia e/o Esteri dello Stato Italiano.

La S.Corte ha sancito altri due principi basilari perché possa perfezionarsi ritualmente il provvedimento di estradizione:
1) il canale attraverso il quale deve transitare la documentazione;
2) il termine entro il quale essa deve pervenire, statuendo che il mancato rispetto di tali condizioni comporta la revoca del provvedimento “a nulla valendo che essa domanda sia pervenuta a mezzo canali diversi quali l’Interpol”.

Nel caso di specie, verificando gli atti si evidenziavano dunque le seguenti irritualità:
– in data 26.4.19 perveniva alla Corte pec inviata dal Ministero Giustizia ove si legge: “le autorità pakistane hanno anticipato, tramite Interpol, la domanda di
estradizione e relativa documentazione… in lingua inglese. Si fa riserva di trasmettere la domanda e la documentazione estradizionale ai sensi dell’art.703 cpp, non appena gli originali perverranno a questo Ufficio tramite il canale diplomatico e non appena la documentazione sarà stata tradotta in lingua italiana
“.

Leggendo tale missiva è pacifico che l’Ufficio rilevava ben due irritualità:
1) la documentazione non transitava in originale ma in copia informe e “attraverso canali non convenzionali”;
2) la documentazione non era stata tradotta in lingua italiana come per legge, tant’è che l’Ufficio, avendo verificato l’irritualità documentale, si riservava di inviare tutta la
documentazione “allorchè perverrà attraverso il canale diplomatico e vi sarà la traduzione in lingua italiana”, per cui era logico ritenere che la documentazione pervenuta alla Corte era semplicemente una “comunicazione informale” e non rivestiva il crisma della legittimità per cui doveva considerarsi “tamquam non esset”.

Ma vi è di più. Con nota del Ministero della Giustizia Italiano indirizzata al Ministero degli Affari Esteri e all’ambasciata del Pakistan, si chiede se il Pakistan abbia inoltrato la “domanda di estradizione unitamente alla documentazione”. Con nota di risposta del 26.4.19 il Ministero Affari Esteri risponde: “alla data odierna non risulta pervenuta la domanda di estradizione“.

Alla luce di quanto superiormente dedotto è pacifico che nella fattispecie sussiste una palese irritualità procedurale in violazione del combinato disposto di cui agli artt. 700 e 715 cpp consistente sia nelle modalità e formalità dell’invio della documentazione sia in riferimento al “tempus” di invio (ultra 40° giorno). Si rammenta che la Corte di Cassazione ha chiarito che: il regime convenzionale prevale sulle norme del codice di procedura penale, sicché il termine massimo di 40 giorni decorre dall’arresto e non dalla comunicazione di esso (Ministero Giust./Min. Esteri) alla parte richiedente (Cass. n.9092/13).

Nella fattispecie la Corte d’Appello immediatamente ha trasmesso gli atti agli organi competenti (Ministero Giustizia), i quali immediatamente hanno attivato i “canali”
affinché lo Stato richiedente inviasse tempestivamente l’allegata documentazione. Ciò, però, non è avvenuto nelle forme volute dalla legge e dalle convenzioni, per cui il termine prescrizionale (40 giorni) doveva intendersi scaduto.
E comunque, si ritiene sussistere una ulteriore “irritualità”, che, indipendentemente dall’inizio del computo del termine dei 40 giorni, rendeva, in ogni caso, inefficace l’invio della documentazione e ciò in quanto i documenti inviati dal Governo Pakistano erano in lingua originale (Urdu) e che, per come riferito nella missiva, “vi è stata una traduzione informale in lingua inglese”, mancando, però, l’indicazione specifica del soggetto che aveva proceduto alla traduzione, dell’organo che lo aveva autorizzato e il titolo assunto dal traduttore, elementi questi indispensabili per rendere valida la traduzione in lingua italiana di un documento straniero. Ciò, si ritiene, creava una palese violazione del diritto di difesa alla luce del pronunciamento della Cassazione che aveva statuito: è legittima la decisione che rifiuti la consegna a causa della mancata traduzione del mandato di arresto in quanto la presenza fisica di un atto non intelligibile, quale quello scritto in lingua straniera, equivale alla sua mancata allegazione (Sez 6^ n.17306 dei 20/3-5/2007).
Si vuole precisare che la Corte di Appello di Caltanissetta per una maggiore serenità del proprio operato in data 8.5.19 ha chiesto informazioni sia al Ministero della Giustizia sia al Ministero degli Affari Esteri sull’effettivo pervenimento nei termini della domanda di estradizione. Poiché la risposta è stata negativa, la Corte ha disposto la revoca della misura cautelare e la conseguente scarcerazione del Sig. R..