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Calais. Inizia l’evacuazione della jungle e la deportazione dei rifugiati

Foto: Mara Scampoli, agosto 2016

Parigi – Una grande operazione “umanitaria” di smistamento di migliaia di migranti, tra cui almeno 1.300 minori in attesa del ricongiungimento familiare in Gran Bretagna, è stata annunciata e preparata dal governo Hollande in questi ultimi mesi. Non esiste un altro intervento simile di gestione dei migranti in Europa perché in nessun altro posto è rimasto tanto a lungo un campo altrettanto vasto e popolato della “jungle“. All’alba di lunedì comincia il giorno e la settimana più lunga per Calais. Un susseguirsi interrotto di 60 autobus, uno ogni quarto d’ora a partire dalle 8 di mattina, attraverserà la ‘Lande’ per portare via le prime 2400-2500 persone che vivono accampate al confine francese dell’Inghilterra.

Solo qualche associazione, i cui membri vengono meticolosamente registrati e ufficialmente autorizzati, potrà assistere all’esodo forzato degli abitanti della “jungle“. Numerosi traduttori insieme al personale competente nei differenti ambiti assistenziali si sono rifiutati di collaborare con le autorità pubbliche.

La prefetta di Calais, Fabienne Buccio, responsabile delle operazioni ospitate in un enorme capannone di 3000 mq a 300 metri di distanza dalla bidonville dice che i rifugiati vengono suddivisi in 4 categorie, una fila per categoria: uomini, minorenni, famiglie e persone con problemi di mobilità o di salute.

Secondo il programma comunicato, ogni migrante si presenta allo sportello gestito dall’OFII (Office français de l’immigration et de l’intégration) dove, dopo aver rilasciato le impronte digitali e dichiarato i dati anagrafici, riceve dall’impiegato un braccialetto segnaletico con il colore della regione di destinazione. Poi viene diretto al tendone riservato alle partenze. Un autobus parcheggiato a qualche decina di metri arriva ogni 50 migranti in attesa di salire sul mezzo, che poi li porterà al CAO (Centro di accoglienza e di orientamento), li carica immediatamente e riparte scortato fino al luogo di arrivo. Contemporaneamente un centro di comando comunica alla prefettura di destinazione la partenza del mezzo e l’ora prevista di arrivo dell’autobus.

I migranti che sono obbligati a lasciare il territorio francese (foglio OQTF) potranno salire lo stesso sugli autobus diretti nei CAO. Il ministro dell’Interno, Cazeneuve, dichiara che ci vuole una settimana di lavoro per concludere le tre fasi dell’operazione: organizzazione dell’evacuazione, sicurezza dello smistamento e “pulizia della jungle“. Tutte le fasi sono state concepite come un cantiere militarizzato di demolizione urbana, un’operazione anticipa l’altra e alla fine si azzera il conto delle presenze umane e si pianifica il territorio, inclusa la demolizione del Centro Jules Ferry e degli annessi in muratura.

L’OFII e gli agenti delle forze dell’ordine organizzano i trasporti, la Direzione generale degli stranieri in Francia (DGEF) controlla gli smistamenti nei CAO delle differenti regioni (Corsica esclusa). Circa 170 autobus seguiranno dei tragitti con orari fissati per pause toilettes e pasti che saranno sorvegliate dalla polizia e dalla gendarmeria nazionale (CRS).

3.500 poliziotti sono attualmente mobilitati a Calais per l’espulsione dalla bidonville e per impedire la ricostituzione di altri accampamenti o l’occupazione di immobili.
Anche i Centri di detenzione amministrativa hanno aperto le porte in attesa di ospiti. Il ministero nega che i posti disponibili verranno utilizzati per i migranti sgomberati da Calais, in realtà l’evacuazione, come la sua fase preparatoria, hanno già come immediato effetto rastrellamenti nelle stazioni, in strada e conseguenti arresti. Non mancano le pressioni dirette e indirette sui migranti presenti e in arrivo a Calais: minacce e persecuzioni con abusivo e quotidiano corollario di gas lacrimogeni. Sembra che in queste ultime settimane sia stato utilizzato un tipo di gas paralizzante.

Nel 2015, l’operazione per dimezzare la popolazione della ‘jungle’ aveva mandato direttamente in cella oltre un migliaio di migranti con procedure arbitrarie. I giudici li avevano rimessi in libertà poco tempo dopo.

Il parco alloggi disponibile (padiglioni di ospedali, caserme, alberghi privati e stabilimenti utilizzati per le vacanze dei dipendenti pubblici) è stato costituito nelle ultime settimane e prevede, secondo le fonti ufficiali, 7.500 posti ma in realtà ce ne sono molti di meno, in totale solo 3.000 posti pare siano assicurati. Anche la durata della permanenza in questi alloggi resta nella nebulosa delle ipotesi delle procedure amministrative.

Dei 10.200 migranti presenti in settembre a Calais, circa 2 mila sono già andati altrove, molti a Parigi, qualche centinaio ha già attraversato la Manica, altri si nascondono e trovano rifugio nei dintorni o sono passati oltre confine, in Belgio, in previsione dello sgombero del campo. Sono la maggior parte di quelli che non intendono chiedere asilo in Francia oltre ai 1.300 minorenni e alle centinaia di donne che aspettano, non si capisce dove e come, di essere accolti sul suolo britannico. In questo mese due minori, di 14 e 15 anni, sono morti tentando di salire sui camion in autostrada.

Questo metodo di far fronte all’arrivo e al passaggio dei rifugiati viene presentato come una manovra di transizione in attesa di accordi con il Regno Unito. Di sicuro si sa che i minori verranno installati in containers, in un limbo giuridico e amministrativo. Lo spazio in cui sono alloggiati viene chiamato Centro di accoglienza provvisorio (CAP). Le sigle e gli acronimi si moltiplicano, ma non c’è alcuna ambiguità possibile al senso che si deve dare a questo tipo di strutture: vita in sospeso senza alcuna prospettiva che non sia quella decisa di giorno in giorno, al massimo di settimana in settimana, passando di mano in mano nella speranza che l’Inghilterra accetti il ricongiungimento familiare. In caso di rifiuto i minori vengono indirizzati ai saturati servizi sociali dai quali dipenderà la loro ridistribuzione sul territorio francese. Questa condizione viene definita “di accompagnamento rinforzato“.

Il motto “fermezza e umanità” di Hollande, simile se non peggio alla messa in scena dell’uso della forza di Sarkozy, si basa su un calcolo vero e proprio: si negano le diversità ed i desideri dei soggetti e si accorpa per paese di origine o provenienza senza valutare le infinite varianti della storia di ciascun migrante che sia afgano, sudanese, eritreo, etiope, siriano, iracheno, kurdo… e la ricca, infinita gamma di strategie umane per liberarsi dal peso delle guerre e della miseria che le accompagna.
La chiusura di Sangatte nel 2002 1 e i suoi effetti restano tristemente attuali: la “soluzione finale” del problema che pone il confine di Calais è illusoria perché Calais resterà in ogni caso un luogo di transito e di passaggio per i migranti diretti in Gran Bretagna.

Tutti sanno, autorità comprese, che ogni rifugiato ha un buon motivo per essere a Calais e che andrà a dormire nei fossati, nella boscaglia, nelle case abbandonate o in rovina, nei giardini o nei parchi dove sarà perseguitato dagli agenti municipali e dalla polizia che impedirà a cittadini, abitanti, associazioni di continuare ad aiutare i migranti. Altri rifugiati arriveranno dal sud dell’Europa. Altri ancora torneranno dai CAO perché non avranno trovato l’assistenza necessaria e avranno vissuto ancora una volta l’isolamento e il rifiuto di alcuni vicini. Le famiglie kurde che hanno provato in questi giorni ad entrare nel campo di Grande-Synthe sono state mandate via perché troppo affollato. I servizi sociali a Calais come a Parigi non rispondono neanche. Le associazioni che si sono opposte alle decisioni governative non possono che garantire una o due notti di hotel economico. Gli aiuti inglesi destinati ai migranti vengono sequestrati durante i controlli alla frontiera. Volontari e collettivi di solidarietà con i migranti stanno preparandosi a immagazzinare e fornire tende, coperte, pasti e cure per strada come quindici anni fa.

Nelle stanze del potere e negli uffici che centralizzano questa operazione elettorale, ministri, funzionari delle forze dell’ordine, amministratori locali e regionali, l’intero apparato istituzionale ha concepito e dettagliato fin nei minimi particolari – alcuni dai connotati storicamente inquietanti – un piano di “smantellamento”, di “evacuazione” e di “demolizione definitiva e completa” della bidonville che si sta realizzando attraverso una deportazione di massa, parola che non si vuole dire, da censurare o eliminare come le identità e le storie delle decine di migliaia di esuli che hanno attraversato la Francia e sono arrivati a Calais.

Video della manifestazione di solidarietà con i migranti il 1 ottobre a Calais:

  1. L’inferno di Calais.
    La lunga storia di espulsioni, violenze e diritti negati