Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Cas di Nuvolera (Bs) e limitazione della libertà personale. La risposta solidale delle realtà antirazziste

Ieri un'iniziativa pubblica ha raggiunto l'edificio e incontrato le ragazze uscite in protesta dal centro

Photo credit: CSA Magazzino 47

Le testimonianze che avevamo raccolto e raccontato nell’articolo uscito il 12 febbraio, “La libertà personale è inviolabile? Non per le donne richiedenti asilo accolte a Nuvolera (Bs)“, avevano delineato un quadro problematico di gravi inadempienze. Risultava evidente un progetto di accoglienza improvvisato e carente degli standard qualitativi necessari, ma soprattutto emergevano degli abusi inaccettabili ed illegali, come la violazione della libertà personale e provvedimenti disciplinari per le ragazze che avevano messo in discussione le regole illegittime.

L’inchiesta giornalistica sulla gestione del CAS di Nuvolera ha generato degli effetti positivi. Quando c’è un territorio ricettivo e solidale, con realtà sociali attive nella difesa dei diritti dei e delle migranti non possono passare inosservate le violazioni riscontrate all’interno del centro gestito dalla Cooperativa Olinda.

Assieme a questa prima inchiesta a creare un certo scalpore era stata anche la trasmissione Striscia la Notizia, e la vicenda era stata poi ripresa con un servizio meno sensazionalistico dalla giornalista Gaia Mombelli di SkyTg 24.

Photo credit: CSA Magazzino 47
Photo credit: CSA Magazzino 47

Ma il vero lavoro che ha approfondito e rafforzato la nostra prima denuncia, già questa supportata da un buon numero di testimonianze, è stato messo in campo da Radio Onda d’Urto e dall’associazione Diritti per Tutti di Brescia.

Dal giorno seguente, infatti, la redazione della radio in movimento bresciana, ha raccolto ulteriori elementi. Ha dato voce a Cinzia, la ragazza nigeriana di 22 anni allontanata di notte da un’operatrice della struttura senza aver ricevuto una reale spiegazione dei motivi, e al

mediatore culturale
che ha lavorato nella struttura di Desenzano per un mese e mezzo. L’uomo al microfono ha denunciato un lavoro in sotto organico, con colleghi totalmente impreparati e non formati adeguatamente, fin dai primi giorni si è accorto che i richiedenti asilo non erano stati informati nemmeno sul modello C3, figuriamoci sulla commissione o sulla questione dell’età anagrafica.

Inoltre Radio Onda d’Urto è riuscita anche ad intervistare la coordinatrice della struttura, la dott.sa Michela Puteri, che ha avuto modo di replicare alle accuse rivolte a Olinda.

Essenzialmente, la coordinatrice ha ribadito i punti del comunicato stampa emesso come risposta al primo articolo, aggiungendo però degli elementi che coinvolgono direttamente la prefettura di Brescia, che a detta di Puteri, “ha notificato gli atti di revoca, tradotti in lingua madre“. Per la coordinatrice del centro la prefettura è stata costantemente aggiornata con relazioni ed ha deciso, unilateralmente, i provvedimenti di revoca. La maggior parte delle affermazioni rilasciate non trovano però nessuna corrispondenza da quanto viene detto dalle ragazze che sono state “messe alla porta” e nemmeno dagli operatori che fino a poco tempo fa lavorano nel centro.

Non risulta che a nessuna delle tre ragazze allontanate sia stata notificata in forma scritta la revoca (attraverso un motivato decreto) come invece sarebbe previsto dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 142 del 18 agosto 2015, visto che proprio la coordinatrice fa riferimento nell’intervista citandolo come faro del lavoro di Olinda. In particolare, appare alquanto contraddittoria la scelta della Prefettura (?) di allontanare delle ragazze che vengono fatte uscire accompagnate dall’operatrice perché potenzialmente a rischio tratta, quando proprio uno dei motivi ostativi alla revoca è legato alle vulnerabilità dei soggetti descritti al comma 1 dell’articolo 17 “Accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari“, tra i quali figurano proprio le “vittime della tratta di esseri umani“. L’articolo 23 comma 2 è molto chiaro: “nell’adozione del provvedimento di revoca si tiene conto della situazione del richiedente con particolare riferimento alle condizioni di cui all’articolo 17“. Su questi aspetti strettamente legali sia Olinda e sia la prefettura dovranno rispondere anche in sede giudiziale considerato che le ragazze e gli operatori si sono rivolti ad un avvocato per richiedere la sospensione della revoca e avanzare formale denuncia alla Procura.

Photo credit: CSA Magazzino 47
Photo credit: CSA Magazzino 47

Del resto che il comunicato stampa e le dichiarazioni di Puteri facciano acqua da tutte le parti lo confermano le testimonianze di ex operatori e di altri operatori attualmente nell’organico di Olinda dei quali manteniamo l’anonimato: tutte le attività che la cooperativa si vanta di fare, come i corsi d’italiano, l’orientamento legale, le interviste in preparazione della Commissione, il supporto psicologico individuale, sono stati estemporanei, dettati dal caso o solo dai buoni propositi degli operatori, ma senza avere una vera e propria pianificazione, degli appositi spazi e obiettivi precisi.

Sull’altro CAS gestito da Olinda a Desenzano nel comunicato stampa non vengono fornite date che aiutino a capire da quanto stavano in accoglienza i minori prima che la cooperativa si accorgesse di avere accolto dei minori. Se come ha confermato il mediatore nessuno fornisce informazioni sulla normativa e di come funziona l’iter per la richiesta d’asilo non stupisce che i minori si fingano maggiorenni e non sappiano come comportarsi; questo comprova una disdicevole improvvisazione che genera una perdita di tempo che non aiuta chi, invece, in pochi mesi deve costruirsi un presente dignitoso in questo paese.

I minori dovrebbero essere tutelati immediatamente ed in modo adeguato, non lasciati in un casolare ubicato in una posizione infima. Non è nemmeno vero che vi è presente un operatore 24 ore su 24: la nostra visita è stata effettuata alle 19.30 ed i ragazzi, tutti molto cortesi, ci hanno detto che l’operatore se n’era da poco andato e sarebbe tornato l’indomani. In queste settimane, poi, altri operatori ci hanno contattato per raccontare la situazione di altri centri gestiti da Olinda; le modalità della gestione non sono dissimili sia per quanto riguarda la libertà di uscire delle donne, sia per i servizi offerti che in molte situazioni risultano insufficienti o inesistenti. Ma su questo promettiamo di prenderci il tempo per fare ulteriori approfondimenti e muoverci di conseguenza con altri articoli e denunce.

Photo credit: CSA Magazzino 47
Photo credit: CSA Magazzino 47

Tornando al CAS di Nuvolera, dicevamo che un ruolo importante lo sta svolgendo l’Ass. Diritti per Tutti che si è attivata raccogliendo una decina di testimonianze di operatori e operatrici e di donne ospitate attualmente nel centro, e confermando che per le “34 donne ospitate (con tre neonati) è vietato uscire dalla struttura per periodi che di volta in volta durano giorni, settimane o addirittura mesi“.

L’associazione ha deciso di muoversi in due direzioni. Da una parte ha fatto formale richiesta alla prefettura e a Olinda di poter visitare il centro e verificare le condizioni dell’accoglienza, ricevendo però una sommaria risposta negativa. Dall’altra

ha promosso
assieme al Magazzino 47 e al Collettivo Gardesano Autonomo, un’iniziativa pubblica “contro la reclusione e la limitazione della libertà personale sulle donne accolte nel Cas” e per chiedere all’ente gestore di fornire “delle risposte esaurienti che sono dovute da chi riceve denaro pubblico per gestire servizi così importanti per le persone destinatarie e per gli stessi operatori/trici“.

L’iniziativa si è svolta sabato mattina e un partecipato corteo, che ha visto il sostegno e l’adesione anche del percorso Non Una Di Meno di Brescia e della Rete antirazzista di Mantova, è partito dalla piazza del Municipio di Nuvolera arrivando fin sotto la struttura.

Davanti al centro c’è stato il momento più significativo della giornata: una parte di ragazze richiedenti asilo, dopo essersi affacciate dalle finestre ed aver gioito per l’arrivo del corteo, ha deciso di uscire dall’edificio e di raccontare che erano state minacciate di ritorsioni nel caso fossero uscite a parlare con le attiviste. Alcune di loro hanno aggiunto che nei giorni precedenti la cooperativa aveva deciso di organizzare una gita al mercato proprio per evitare l’incontro con le persone solidali, e che per raggiungere questo scopo erano state offerte delle ricariche del telefono. Ma la maggior parte di loro ha mantenuto i contatti con le amiche allontanate e iniziato a comprendere che fuori da quelle quattro mura si è attivata una forte solidarietà umana e politica, e che non verranno lasciate più sole.

L’Associazione Diritti per Tutti, dopo l’abbraccio del corteo con le donne ed i neonati, ha nuovamente richiesto un incontro di una delegazione con una figura responsabile di Olinda, incontro che anche in questa occasione è stato negato.

Dopo essersi sottratte al confronto radiofonico con Melting Pot proposto da Radio Onda D’urto, la trasparenza tanto proclamata di Olinda non ha dei riscontri concreti né la volontà di fornire delle risposte sulle carenze e sull’uso di forme di assoggettamento.

In effetti, a ben guardare, questo continuo sottrarsi parla molto chiaramente delle difficoltà a sostenere il proprio operato e probabilmente farebbe trapelare quali sono le imposizioni e i regolamenti ufficiosi che giungono dalla prefettura di Brescia. Che di tutta la vicenda di Nuvolera non è solo parte in causa perché ha delle palesi responsabilità nel controllo della qualità del servizio, ma è probabilmente la “mente” che usa la protesi per girare la chiave delle serrature e la dispensatrice dei consigli operativi.

D’altronde una Prefettura che presiede e impartisce le linee guida della più severa Commissione territoriale d’Italia (ha il record del 97% dei dinieghi nell’ultimo trimestre del 2016) non è certamente sintonizzata sulle onde dei diritti dei richiedenti asilo.
La prossima iniziativa bresciana, annunciata nell’intervento finale di Gabriele di Diritti per Tutti, non può che essere sotto quel palazzo.

Rassegna stampa da Radio Onda D’Urto
Nuvolera (Bs): iniziativa antirazzista e solidale al CAS della cooperativa “Olinda”
CAS Nuvolera: sabato #25f iniziativa di solidarietà contro i provvedimenti punitivi
CAS Nuvolera: la coordinatrice della struttura risponde alle accuse
Ex operatore conferma: ”Nel Cas di Nuvolera limitate la libertà personale e i diritti delle richiedenti asilo”
Visita nei Cas bresciani gestiti dalla coop. Olinda

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]