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Dopo due anni dall’accordo Ue-Turchia: i costi umani del fallimento

Due anni fa l’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno deciso di respingere migliaia di persone e di compromettere il concetto stesso di asilo con il blocco in Turchia di richiedenti asilo in cerca di sicurezza in Europa. Per questo Medici Senza Frontiere (MSF) invita le autorità greche ed europee a porre fine alla politica di contenimento che mette in pericolo la vita delle persone vulnerabili. MSF chiede anche di continuare a intensificare i trasferimenti dei migranti e richiedenti asilo nella parte continentale della Grecia, dove è indispensabile aumentare la capacità di accoglienza, e di riattivare la loro ricollocazione negli Stati UE.

Ogni giorno le équipe di MSF sulle isole greche trattano le cicatrici, sia mentali sia fisiche, create o peggiorate da queste politiche disumane. Intere famiglie scappate da guerra, violenze, povertà estrema e disperazione, in cerca di condizioni sicure e migliori in Europa, si ritrovano intrappolate spesso in condizioni di vita pessime e con una comprensione minima di quello che gli succederà. Questo circolo vizioso insopportabile è la storia di successo che l’UE continua a celebrare.

Queste persone sono passate attraverso tutte queste difficoltà, e arrivano in Grecia credendo che i loro bambini cominceranno a vivere una vita normale. È questo il motivo per cui corrono il rischio di fuggire”, dichiara Simona Brescacin, infermiera di MSF nel campo di Moria a Lesbo. “Quando capiscono che non sarà così, il loro morale subisce un vero e proprio tracollo. Vedere i loro figli fare nulla tutto il giorno senza poter andare a scuola e cominciare a vivere una vita adatta alla loro giovane età, è qualcosa di molto doloroso per i genitori. Hanno costantemente paura di qualsiasi cosa possa accadergli nelle condizioni durissime dei campi, è mentalmente e fisicamente devastante per loro. Non hanno possibilità di organizzarsi, di mettere i loro pensieri in ordine”.

MSF fa sapere che continuerà ad opporsi fermamente ad un accordo che non si concentra sul miglioramento della protezione e dell’assistenza di chi è nel bisogno, ma al contrario sembra intenzionalmente destinato a produrre sofferenza per chi attraversa il mare, con l’idea che questo scoraggerà altri dall’intraprendere la traversata. Non solo è crudele, ma semplicemente inutile. Senza opzioni alternative, ogni giorno le famiglie di Paesi come la Siria, l’Iraq e l’Afghanistan continueranno a rischiare tutto per raggiungere le coste greche. Per questo MSF chiede che l’UE e le autorità greche pongano fine a questa cinica strategia di contenimento, per non danneggiare ulteriormente la salute di queste persone e rispettare la loro dignità.

Qualche giorno fa, un paziente nei pressi della nostra clinica mobile a Lesbo mi ha confessato che ha provato a raggiungere l’Europa ben cinque volte”, dichiara Lofti Jendoubi, mediatore culturale di MSF a Lesbo. “Due volte ha rischiato di annegare, è stato salvato in mare aperto, ma nonostante ciò ha continuato a provare a fuggire. Preferisce rischiare la sua vita e quella della sua famiglia più e più volte piuttosto che rimanere bloccato in Turchia. Mi ha parlato di rapine, truffe, imprigionamenti, stupri, comportamenti ostili da parte di autorità e contrabbandieri, mancanza di accesso all’assistenza sanitaria. In che modo l’Europa può dire a queste persone che la Turchia è un Paese sicuro? Oggi, dopo aver trascorso alcuni giorni a Lesbo e aver osservato la salute della sua bambina deteriorarsi giorno dopo giorno, ha iniziato seriamente a pensare che la fuga verso la Grecia sia stata la peggiore scelta di sempre”.

Per Irem Arf, ricercatrice di Amnesty International sull’immigrazione, “l’accordo Ue-Turchia rappresenta perfettamente l’attuale politica europea in materia d’immigrazione, sintetizzabile con la frase ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’. Grazie a quell’accordo, migliaia di persone sono trattenute in condizioni squallide sulle isole greche con l’obiettivo di rimandarle in Turchia. Dato che non sono più prossime alle loro porte di casa, per i leader europei è conveniente ignorarle e celebrare l’accordo come un successo”.

Se da un lato l’accordo ha contribuito alla notevole diminuzione degli arrivi sulle isole greche – continua la ricercatrice -, in assenza di alternative legali e sicure migliaia di persone continuano a ricorrere a percorsi insicuri e ai trafficanti, i cui affari l’accordo Ue-Turchia pretendeva di stroncare, per raggiungere l’Europa”.

Amnesty chiede che i richiedenti asilo “che stanno languendo sulle isole greche siano urgentemente trasferiti sulla terraferma e che gli altri Paesi europei mantengano gli impegni presi su reinsediamenti e ricollocamenti”.

Erigere muri visibili o invisibili non fermerà le persone che cercano di riprendere a vivere in condizioni di sicurezza. I leader europei devono rispettare quanto hanno promesso e accogliere i rifugiati dalla Turchia e dagli Stati membri della frontiera dell’Unione europea, ossia Grecia e Italia”, conclude Irem Arf.

Ieri, 16 marzo, a Bruxelles attivisti di Amnesty si sono presentati in piazza Schuman e si sono chiusi in una gabbia, a simboleggiare i richiedenti asilo e i migranti intrappolati sulle isole greche. Tra fine febbraio e inizio marzo, Amnesty ha visitato le isole di Lesbo, Chio e Samo dove si trova la maggioranza dei rifugiati arrivati in Grecia: 13.000 uomini, donne e bambini, la maggior parte dei quali vive in campi sovraffollati, dormendo in tende con grandi rischi per la propria sicurezza e salute.
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