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Gli sviluppi di Over the fortress a Idomeni: wifi, area donne, Info tent e spazi di socialità

Di Tommaso Gandini, staffetta overthefortress

La situazione al campo di Idomeni dopo l’attacco alle reti, respinto con violenza dalla polizia macedone e denominato dai migranti ”The War”, è molto cambiata. Le proteste sono praticamente scomparse e, nonostante rimanga il blocco della ferrovia, non vi sono più cori o comizi nei pressi del confine. Nel contempo però la determinazione delle persone a rimanere non si è minimamente spenta. Al contrario si sta assistendo alla nascita di una vera e propria microeconomia. Laddove prima le uniche fonti di approvvigionamento di cibo erano legate ai volontari e ai venditori greci, che arrivavano con i loro camioncini, ora tutto il campo è un fiorire di piccole cucine auto-costruite con legno e lamiere che vendono cibo; principalmente piadine di falafel e verdura, ma anche patate e melanzane fritte. In una parte del campo si è addirittura formato un insieme di questi banchetti, qui si vende dalla carne alla griglia al pollo fritto.
E’ chiaro che il desiderio e la speranza degli abitanti del campo sono di lasciarlo il prima possibile, ma solo per andare oltre. Pochissimi prendono in considerazione la richiesta d’asilo in Grecia e forse ancora meno la proposta di reallocation, che li obbligherebbe a stare diversi mesi nei campi militarizzati del Governo nella speranza, e non certo nella certezza, di essere ad un certo punto inviati in un paese casuale dell’Europa. Ecco quindi che per loro rimanere qui è un atto di ostinazione e testardaggine, che può e deve essere visto in modo politico. Quest’enorme aggregazione permanente di persone al confine indica in modo chiaro le contraddizioni della fortezza Europa, la lacera all’interno poiché di fronte ai bisogni e desideri delle persone propone soluzioni inaccettabili.
Abbiamo conosciuto tante persone che hanno il marito, la moglie, i parenti o gli amici in Europa. Fra le molte storie che abbiamo ascoltato vi è una madre il cui figlio di 14 anni è completamente solo in Germania e lei non ha possibilità di raggiungerlo. Vi è anche una coppia anziana e la nipote di nemmeno 5 anni che sono rimasti 2 anni e mezzo in Turchia prima di decidere di raggiungere i due figli a Berlino, ed ora vivono in tenda da mesi. Nessuno di loro ha intenzione di muoversi finché il confine non sarà aperto. Ringraziano Dio per essere vivi e svegliarsi ogni giorno, ringraziano noi per essere qui a portargli un po’ di conforto.
Ecco quindi che che le progettualità al campo di Idomeni non possono più seguire una visione emergenziale. Il cibo così come le coperte e le medicine arrivano in modo regolare al campo, e praticamente tutti ne hanno facile accesso. Quello che qui manca completamente sono degli spazi di socialità, degli spazi in cui le persone possano sentirsi persone e relazionarsi fra loro in modo dignitoso. Con il No Border Wi-Fi, e l’aiuto della Info tend di Idomeni, Overthefortress sta già gestendo un punto di assistenza legale, di ricarica delle batterie e di internet free. Ricordiamo inoltre che questo è l’unico punto in cui, in teoria, si possono avanzare richieste di asilo in Grecia o per il Relocation Programme. Solo in teoria perché gli account Skype messi a disposizione dal Governo per queste pratiche non funzionano mai. Nonostante la linea forte e stabile della nostra antenna satellitare e i tentativi che vengono fatti giornalmente da ormai quasi un mese, ancora nessuno ha avuto una risposta. Su questo punto le nostre denunce e la petizione di Rania non hanno ancora cambiato l’inefficace e assurdo sistema.

Gli spazi delle donne e per le donne

Oltre all’ampliamento di questa zona, che già naturalmente si è trasformata anche in punto di ritrovo e di aggregazione per attivisti, volontari e soprattutto migranti, Overthefortress sta aprendo un’area a disposizione delle donne del campo. Infatti molte di loro hanno difficoltà a muoversi, da un lato per la grande quantità di uomini presenti, dall’altro perché non vi è presente alcuno spazio a loro disposizione. In tante hanno espresso questo bisogno, ed è per questo che stiamo cominciando a lavorarci. Ieri è stato ultimata una struttura adibita ad hammam, con delle docce a tanica e bacinelle per lavarsi, ad uso esclusivo delle donne. Tra le 5 e le 10 persone alla volta possono utilizzarlo, ma non è che una piccola parte di quello che vorremmo realizzare.

Oggi infatti si sta concludendo anche il lavoro su una tenda che diventerà uno spazio di parrucchiera ed estetista. Abbiamo conosciuto delle donne al campo che non solo hanno espresso questa necessità, ma che si sono offerte per aiutarci a soddisfarla gratuitamente; hanno già formato un gruppo di circa 10 donne tra parrucchiere, estetiste e truccatrici, e individuato la tenda dove cominciare i lavori.
Negli scorsi giorni abbiamo acquistato il materiale necessario, dalle forbici ai pettini, dai trucchi alle sedie. A breve si concluderà l’ultimo intervento pensato per quest’area e cioè una tenda di socialità, con cuscini e coperte ed elettricità, dove l’accesso è riservato alle solo donne. In comune accordo con loro abbiamo deciso che nemmeno i bambini piccoli saranno permessi all’interno. Uno spazio che nasce non solo per dare la libertà di togliersi il velo e di sentirsi più rilassate, ma come dicevamo prima un’occasione per riprendersi della dignità, per avere l’impressione che una vita quasi normale sia ancora possibile.
Finora, dei vari interventi proposti e realizzati nel campo quelli che hanno riscosso maggiore gradimento sono sempre stati quelli con un alto rapporto personale. Più che il cibo o le coperte distribuite le persone vogliono e devono essere semplicemente trattate da pari e con rispetto. Questo porta a dei livelli di cooperazione sociale inimmaginabili per chi parte dall’Italia convinto di trovare persone disperate e bisognose di aiuto. Molte di loro hanno insistito per invitarci a cena nelle loro tende, hanno cucinato per noi, ci hanno aiutato nel bisogno e sono parecchi tra i nostri vicini o fra i nostri amici, molto spesso perfino dei bambini, che giornalmente ci portano del cibo, del tè o dei piccoli doni.
Ci tengono molto a far capire quanto sono grati, non tanto per quelle poche cose che ogni tanto riusciamo a procurarli, quanto per il rispetto che portiamo nei loro confronti, per il tempo che ci prendiamo per ascoltare le loro storie e per il fatto che condividiamo questa vita con loro, in tenda sotto il sole o sotto la pioggia.
Per questo qualsiasi intervento che portiamo avanti lo gestiamo insieme a loro, sia nella progettazione che nella realizzazione. Non sarebbe stato possibile concludere le docce per le donne senza il mitico Baba, un anziano muratore siriano che ogni giorno ci fa visita e ci aiuta se dobbiamo costruire qualcosa. Non sarebbe ovviamente possibile nemmeno immaginare un’area delle donne senza che loro si rendessero disponibili. Perfino l’assistenza legale sarebbe molto difficile senza i targiman, i traduttori, provenienti dal campo.
Ed per questo che continueremo a stare qui. Sappiamo benissimo che l’unico vero desiderio che hanno tutti è l’apertura del confine. Ma sappiamo tutti anche che difficilmente si combatterà qui questa battaglia: è in Austria, in Germania, in Italia, a Bruxelles che vengono decise queste leggi criminali, è l’Unione europea che stringe patti con il terrorista Erdogan e usa la Grecia nella gestione di queste persone. Noi rimaniamo qui non solo per cercare di migliorare questa situazione, ma principalmente per continuare a raccogliere le storie e le biografie che devono essere raccontate.
Siamo qui perché sappiamo che l’apertura dei confini va cercata tramite la lotta e i movimenti che si muovono in Europa, e che raccontare senza filtro o vedere con i propri occhi questo inferno smuove e smuoverà le coscienze di molti. Continueremo a manifestare perché sappiamo che se il campo di Idomeni esiste la responsabilità è tutta europea, e quindi anche nostra. E dopo essere stati qui, è impossibile girarsi dall’altra parte.

Idomeni: #overthefortress intervista a refugees.tv di Anomalia Parma

Tommaso Gandini

Racconto migranti e migrazioni dal 2016, principalmente tramite reportage multimediali. Fra i tanti, ho attraversato e narrato lo sgombero del campo di Idomeni, il confine del Brennero, gli hotspot e i campi di lavoro nel Sud Italia. Nel 2017 ero imbarcato sulla nave Iuventa proprio mentre veniva sequestrata dalla polizia italiana. Da allora mi sono occupato principalmente del caso legale e di criminalizzazione della solidarietà.