Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

#Indivisibili: il decreto Salvini è una bomba sociale

“The right to have right”

Ci vogliono #invisibili, ci avranno #indivisibili (Photo credit: Vanna D'Ambrosio)

Evidente è che i diritti umani non sono naturali. Nel corso della storia, sono stati materializzati, agiti, dichiarati, vendicati, patiti, difesi, affermati e riconosciuti.

Nell’ordine all’avere diritti, Hannah Arendt sosteneva che gli individui devono essere molto più che esseri umani, per avere dei diritti, ma membri di una comunità politica, il cui accesso è sempre più controllato e complicato dalla nostra giurisprudenza. Per esperienza personale, nel suo saggio, The Origin of Totalitarism, lei aveva la certezza che essere rifugiati era un modo per perdere i propri diritti, soprattutto in riferimento alla cittadinanza, il diritto che rende tutti esseri umani. Era il 1951 e “il mondo non aveva (ha) trovato niente di sacro nell’astratta nudità di essere umano 1“.
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60 anni dopo, a Roma, in occasione della manifestazione nazionale contro il Governo e contro il decreto Salvini, pare che il messaggio degli #indivisibili (Unteilbar in Germania) non si discosti tanto dalle classiche intuizioni della Arendt.
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Centomila ed oltre persone, unite e solidali, per bloccare gli effetti razzisti e le deprivazioni umanitarie, cercando di recuperare ciò che questa politica del disprezzo sta cancellando dal nostro futuro, una nuova società libera da violenze di ogni ordine.
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La gravità del razzismo istituzionale non va misurata guardando alle intenzioni di chi lo ha prodotto, ma giudicando l’entità dei danni che determina 2

Contro il Governo, il decreto Salvini e l’odio da essi fomentati, in strada a Roma, centomila Indivisibili hanno rotto il fatto abituale della politica, richiedendo diritti, comunità ed appartenenza, denunciando una specifica tecnologia di governo, una produzione giuridica e culturale intrecciata di potenze, leggi, laboriosità e negazione dei diritti che costruisce normativamente l’irregolarità al fine di alimentare insicurezze e legittimare la politica del controllo.

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Un decreto, quello sull’immigrazione che si prepara ad essere una vera e propria bomba sociale con un numero sempre crescente di “stateless“, contro minoranze di persone già discriminate nella guerra, nello sfruttamento, e pur cittadini di un posto in cui precedentemente vivevano.

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Theorically, in the sphere of international law, it had always been true that soverignty is noehere more absolute than in matters of emigration, naturalization, nationality, and expulsion 3“.
Un decreto quello sulla sicurezza, contro minoranze di persone già discriminate, nella povertà, nell’accattonaggio, nel mendicare, nelle deprivazioni, nelle occupazioni e sgomberi, nati ugualmente dalla dissoluzione dei diritti sociali, politici, civili ed umani.
(“Il popolo demos non si identifica al maggior numero, e nemmeno alla totalità dei cittadini, ma alla massa dei poveri, cosicché la democrazia consiste per essenza nel potere dei poveri […] A questo occorre aggiungere che ‘democrazia’ indica una costituzione ‘deviata’: nella quale i poveri governano in vista del loro vantaggio in quanto poveri, e non in vista del vantaggio comune. Solo al governo dei poveri per i poveri si può allora applicare la definizione di democrazia 4“.)

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Solidali ed uniti e separati da questa legge, che esclude dagli standard legali di protezione e rimanda sottogruppi di cittadini, gli indesiderati, continuamente dalla norma allo stato di eccezione.
(Abolizione della protezione umanitaria, esclusione dei richiedenti asilo dagli Sprar e dall’iscrizione anagrafica, potenziamento del daspo urbano anche ai presidi sanitari, carcere sino a 4 anni per gli occupanti, pistola elettrica dotazione alla Polizia Municipale, vendita ai privati dei beni confiscati alle mafie).

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Una forza, unita e solidale, contro l’esclusione, contro la criminalizzazione, contro le penalizzazioni, contro le sanzioni penali ed amministrative, contro le espulsioni, contro i daspo, contro i taser, contro la violazione del diritto all’educazione, al lavoro, al voto, alla salute, alla cultura e via dicendo, sino al pieno godimento dei diritti civili, politici e sociali, postulati del diritto ad avere uno stato nazione, una residenza, una cittadinanza, il solo che rende tutti i diritti umani passibili di non essere violati.

Solidali gli Indivisibili di Roma: un insieme di parti differenti, non solo attivisti ma anche tra cittadini ordinari, persone comuni, uomini e donne non mediate da alcuna bandiera, che nelle loro attese, si sono riferiti ai diritti umani e civili di base, contro le azioni, le dichiarazioni e gli atteggiamenti pregiudiziali lesivi dell’immagine dei migranti e dei cittadini, contro la burocrazia che rende complicata, conflittuale e disintegrata la vita.

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Uniti gli Indivisibili di Roma: un insieme di parti differenti nata dall’interazione con la differenza sociale, le cui variabili temporali e/o culturali sono annientate dalle pratiche quotidiani e dai progetti di vita, i micro – eventi che mettono in luce il sincronismo della vita reale, discriminata da regolamenti, ordinanze e circolari esplicitamente xenofobe.
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Indivisibili, i manifestanti di Roma: nuovi cittadini transnazionali e meticci, identità plurime, memorie viaggianti, un corteo lungo centomila persone che rende manifesta la solidarietà dei suoi membri lungo i territori che lo stato divide, contro la produzione delle leggi nazionali che comprimono i diritti della democrazia.

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Una massa che si identifica nelle convinzioni umane e nei valori generazionali pensati fuori dalle logiche di dominio e coercizione, nati da un senso collettivo di “prossimità sociale” e non dallo stato d’emergenza; una “nozione sociale“, una “forma discorsiva” che manifesta le effettive connessioni che migliaia di persone mantengono e costruiscono tra di loro in un contesto di crescita della società civile transnazionale che esclude ogni forma di fascismo e/o razzismo.

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  1. Cfr. H. Arendt, The Origin Of Totalitarism.
  2. C. Bartoli. Razzisti per legge. L’Italia che discrimina.
  3. Cfr. H. Arendt, The Origin Of Totalitarism.
  4. P. Dardot, C. Laval, Guerra alla democrazia.

Vanna D'Ambrosio

Conseguita la laurea in Filosofia presso l’Università di Napoli Federico II, ho continuato gli studi in interculturalità e giornalismo. Ho lavorato come operatrice sociale nei centri di accoglienza per immigrati, come descritto nella rubrica “Il punto di vista dell’operatore”. Da attivista e freelance, ho fotografato le resistenze nei ghetti italiani ed europei. Le mie ricerche si concentrano tuttora sulle teorie del confine.