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La buona integrazione costituisce uno dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno umanitario

Corte d'Appello di Napoli, sentenza n. 1401 del 12 marzo del 2019

Corte d’Appello di Napoli che ha riconosciuto la protezione umanitaria ad un cittadino nigeriano per buona integrazione che aveva lasciato il paese di origine a seguito di gravi minacce.

La Corte, dopo un attenta analisi dei presupposti per il riconoscimento delle diverse forme di protezione previste ex lege, riconosce che: “nel nostro caso ricorrano invece i presupposti della protezione umanitaria di cui all’art. 5/6° comma del testo unico delle norme sull’immigrazione.
In proposito va innanzitutto ricordato che Cass. 19 febbraio 2019 n. 4890 ha statuito che la normativa introdotta con il d.l. n. 113 del 2018, convertito nella l. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di sog-giorno per motivi umanitari dettata dall’art. 5, c. 6, del d.lgs. n.286 del 1998 e dalle di-sposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima della entrata in vigore (5.10.2018) della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione.
Tuttavia in tale ipotesi all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dei presupposti esistenti prima della entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, farà seguito il rilascio da parte del Questore di un permesso di soggiorno contrassegnato dalla dicitura “casi speciali” e soggetto alla disciplina e all’efficacia temporale prevista dall’art. 1, c. 9 di detto decreto legge.

La protezione umanitaria, come disciplinata dalla normativa abrogata ma qui, come detto, applicabile ratione temporis, non risulta tipizzata dal legislatore e quindi con-sente una certa flessibilità nella sua applicazione. Inizialmente prevista nell’ambito della normativa sull’immigrazione, la protezione umanitaria, attraverso le norme di attuazione delle direttive comunitarie, le conseguenti prassi amministrative e la giurisprudenza, è diventata una forma di tutela che si affianca alle prime due in casi meritevoli, che formalmente non rientrano nella loro sfera applicativa e vanno accertati caso per caso. I presupposti di tale forma di tutela sono individuati solitamente nelle situazioni c.d. vulnerabili [Cass. 7 luglio 2014 n°15466].
La giurisprudenza di merito valorizza inoltre l’avvenuta integrazione sociale, familiare e lavorativa come elemento indicativo della sussistenza di impedimenti all’allontana-mento derivanti dall’esigenza di non arrecare un danno sproporzionato al diritto alla vita privata e familiare, garantito dall’art. 8 CEDU, obbligo internazionale indirettamente ri-chiamato dall’art. 5, comma 6, d.lgs. 286/1998 cit. e dall’art. 32 d.lgs. 25/2008 (ipotesi in parte menzionata anche dalla circolare del 31 luglio 2015 della Commissione nazionale per il diritto di asilo).
Nel caso in esame si apprezza in particolare l’inserimento lavorativo del richiedente, come da documentazione Inail e buste paga (…) da cui si desume che (..) è operaio dipendente assunto a tempo indeterminato full time (40 ore settimanali) (…)
“.

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Corte d’Appello di Napoli, sentenza n. 1401 del 12 marzo del 2019