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La disuguaglianza si impara a scuola: forti disparità tra studenti italiani e stranieri

Giornata Mondiale dell’educazione, 24 gennaio 2019

Il 24 gennaio 2019 si celebra per la prima volta la Giornata Mondiale dell’Educazione voluta dall’UNESCO per sottolineare l’importanza della scuola. La scuola ricopre un ruolo primario nella crescita dei bambini e degli adolescenti: aiuta infatti i ragazzi a prendere consapevolezza delle proprie potenzialità che, opportunamente sviluppate, diventano abilità e competenze di un futuro cittadino.

Se da un lato può aiutare gli studenti a raggiungere il loro pieno potenziale e a sviluppare i loro talenti e le loro abilità, dall’altro rischia di rinforzare il divario e le ineguaglianze.

Gli studenti che maggiormente rischiano di far parte di quei fenomeni che oggi si definiscono ‘dispersione scolastica’ o ‘fallimento formativo’ sono i bambini e gli adolescenti stranieri. Uno degli elementi attraverso cui comparare il percorso scolastico degli studenti italiani e stranieri consiste nell’analisi degli esiti scolastici. I risultati scolastici, infatti, forniscono un quadro articolato sul livello e sulla qualità delle competenze acquisite dagli studenti. I risultati degli studi internazionali di valutazione degli studenti PISA (Programma per la valutazione internazionale degli studenti) mostrano che gli studenti immigrati hanno prestazioni generalmente inferiori rispetto agli studenti italiani.
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“Garantire entro il 2030 ad ogni ragazza e ragazzo libertà, equità e qualità nel completamento dell’educazione primaria e secondaria che porti a risultati di apprendimento adeguati e concreti”
– Obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile, 2015, Obiettivo 4.1 –

Rendimenti scolastici inferiori per gli studenti immigrati nei paesi più ricchi

L’UNICEF ha svolto uno studio sui 41 paesi più ricchi del mondo, inclusa l’Italia, per cercare di capire la relazione tra disuguaglianza e fattori come la situazione socio-economica familiare, il contesto migratorio, il genere dello studente e le caratteristiche degli istituti scolastici. Il contesto migratorio è stato identificato come un fattore centrale per la performance degli studenti: gli studenti che si trasferiscono in un paese nuovo si trovano a dover affrontare problematiche che incidono (direttamente o indirettamente) sul loro progresso educativo.

Le problematiche che devono affrontare gli studenti stranieri includono l’adattamento ad un diverso stile di vita e ad un nuovo sistema scolastico, la necessità di imparare una nuova lingua e la difficoltà di fare nuove amicizie. Bisogna poi considerare l’aspetto psicologico ed emotivo: gli studenti potrebbero avere avuto traumi prima o durante il viaggio, oppure potrebbero essersi dovuti confrontare con pregiudizi e reazioni negative all’arrivo nel nuovo paese. Anche i figli di immigrati si trovano ad affrontare alcune di queste problematiche. Qual è quindi il rendimento scolastico dei ragazzi immigrati o dei figli di immigrati nei paesi ricchi?

Basandosi sui dati PISA 1 del 2015, il grafico sottostante mostra la percentuale di quindicenni che non ha raggiunto il livello base di capacità di lettura nella lingua di svolgimento dei test suddivisi per status migratorio (non immigrati, seconda generazione, prima generazione). Vengono considerati i paesi in cui almeno il 5% dei bambini è nato all’estero e i paesi sono classificati in base al divario assoluto tra non immigrati e immigrati di prima generazione.
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Nella maggior parte dei paesi, i ragazzi immigrati di prima generazione 2 ottengono punteggi significativamente più bassi in lettura rispetto agli studenti non immigrati (definiti come bambini o ragazzi che hanno almeno un genitore nato nel paese, indipendentemente dal fatto che essi siano o meno nati in quel paese).

In 15 paesi su 25, gli studenti immigrati di seconda generazione 3 riportano punteggi considerevolmente più bassi in lettura rispetto agli studenti non immigrati.

Detto ciò, ci sono alcuni paesi, come l’Australia, la Nuova Zelanda e il Canada, in cui la differenza tra ragazzi immigrati e i loro coetanei nativi non risulta statisticamente significativa. In casi eccezionali, i risultati dei ragazzi immigrati sono addirittura migliori rispetto agli studenti nativi. Le differenze dell’Australia e del Canada possono essere spiegate riflettendo sui modelli storici di immigrazione tipici di questi paesi. L’OCSE infatti identifica l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda come “paesi di insediamento”, dove l’immigrazione fa parte del patrimonio del paese, e dove spesso gli immigrati possiedono un elevato livello di istruzione e condividono l’inglese come prima lingua.

In Italia, secondo il Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca 4, nel complesso si conferma una netta tendenza: gli studenti italiani ottengono punteggi superiori alla media nazionale, in ogni livello scolastico e in tutte le prove rispetto ai loro compagni immigrati. Inoltre, coloro che provengono da stati non UE ottengono risultati di gran lunga inferiori a quelli degli studenti italiani.

Fonte: Unicef
Fonte: Unicef

L’ipotesi della ‘generazione ponte’

Secondo Paolo Barabandi 5, il gap di apprendimento è più marcato tra studenti nativi e studenti immigrati di prima generazione rispetto alle differenze tra studenti nativi e immigrati di seconda generazione.

Questo perché, secondo Colombo (2014: p. 69), «vengono meno le barriere linguistiche, in alcune famiglie si assume l’abitudine di parlare la lingua del paese di arrivo in coincidenza con la crescita dei figli, i genitori stessi tendono a migliorare la propria posizione sociale aumentando gradualmente reddito, livello occupazionale e in qualche caso anche il capitale culturale (attraverso la partecipazione a programmi di alfabetizzazione e formazione degli adulti)»

Anche secondo lo studio del Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca, la differenza è più marcata tra nativi e studenti stranieri di prima generazione, mentre rispetto alle seconde generazioni il gap è più ridotto. Anche se in nessun caso gli alunni stranieri riescono a ottenere un punteggio simile a quello ottenuto dagli studenti italiani, sono gli studenti di seconda generazione a conseguire risultati più simili (seppure sempre inferiori) ai nativi, rispetto alle prime generazioni.
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Cosa si può fare per ridurre la disuguaglianza a scuola?

Lo studio dell’UNICEF mostra che i paesi possono avere prestazioni educative medie molto simili ma livelli di disuguaglianza educativa decisamente diversi. Questo dato suggerisce che ridurre le disuguaglianze è possibile.

Alcuni principi generali suggeriti per ridurre le disparità tra studenti nativi e stranieri sono:
1. Garantire istruzione e cura di alta qualità nella prima infanzia a tutti i bambini – Garantire che tutti i bambini abbiano accesso a opportunità di apprendimento prescolare di alta qualità svolge un ruolo importante nel ridurre le disuguaglianze socio-economiche esistenti all’inizio del percorso scolastico.
2. Assicurare che tutti i bambini raggiungano un livello minimo di competenze di base adeguato – Un test chiave per qualsiasi sistema educativo è verificare che fornisca a tutti i bambini le competenze di base necessarie per partecipare pienamente alla società.
3. Produrre dati e statistiche migliori – Non ci sono sufficienti studi e statistiche per capire come le disuguaglianze si sviluppano e persistono in diversi contesti. SI profila quindi la necessità di produrre dati oggettivi di alta qualità, transnazionali e comparabili.

Nella pratica, alcune raccomandazioni alle scuole includono:
1. Fornire supporto linguistico agli alunni stranieri. La barriera linguistica è uno dei maggiori fattori che provoca la mancanza di interesse e la scarsa motivazione degli studenti. Di conseguenza, promuovere l’insegnamento della lingua italiana per gli alunni stranieri potrebbe rendere a loro partecipazione in classe effettiva ed efficace.
2. Evitare l’elevata concentrazione di ragazzi stranieri nelle classi. I peggiori rendimenti scolastici degli alunni stranieri sono correlati principalmente ad una alta concentrazione nelle classi di studenti provenienti da famiglie con condizioni socioeconomiche svantaggiate. Di conseguenza, nella formazione di una classe si dovrebbe tener conto non soltanto della presenza di alunni stranieri ma anche sulle condizioni socio-economiche degli studenti.
3. Coinvolgere le famiglie degli alunni immigrati e impiegare i mediatori culturali. Le famiglie sono di solito più restie all’integrazione completa o incontrano più difficoltà nell’adattarsi alla nuova cultura rispetto ai figli. La famiglia ricopre un ruolo importante nella vita dello studente

Per maggiori informazioni:
L’articolo della Repubblica
Sul sito di UNICEF Italia

BIBLIOGRAFIA
Barabandi P. La disuguaglianza di performance tra studenti nativi e stranieri in Italia e nell’UE. Uno studio attraverso l’indagine OCSE-PISA 2012.

Chzhen, Yekaterina; Gromada, Anna; Rees, Gwyther; Cuesta, Jose; Bruckauf, Zlata (2018). An Unfair Start: Inequality in Children’s Education in Rich Countries, Innocenti Report Card no. 15, UNICEF Office of Research – Innocenti, Florence.

Colombo M. (2014), Gli esiti scolastici degli alunni con cittadinanza non italiana, in MIURFondazione ISMU (2014), Alunni con cittadinanza non italiana. L’eterogeneità dei percorsi scolastici. Rapporto nazionale a.s. 2012/2013, Fondazione ISMU, Milano, pp. 69-89.

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2016) Rapporto nazionale. A.s. 2014/2015. Alunni con cittadinanza non italiana La scuola multiculturale nei contesti locali.

OCSE, PISA 2015 Results, Vol. I: Excellence and Equity in Education, OECD Publishing, 2016.

  1. L’indagine PISA (Programme of International Students Assessment), promossa dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha una cadenza triennale ed intende monitorare le competenze dei quindicenni in alcuni ambiti fondamentali, necessari per formare cittadini attivi, giovani e poi adulti capaci di affrontare le sfide della società moderna e in grado di apprendere lungo tutto il corso della vita. Gli ambiti valutati sono lettura, matematica e scienze.
  2. (ovvero i bambini e ragazzi di origini straniera i cui genitori sono entrambi nati all’estero)
  3. (ovvero coloro che sono nati nel paese da genitori nati entrambi all’estero)
  4. Il Rapporto nazionale ‘Alunni con cittadinanza non italiana: La scuola multiculturale nei contesti locali’, realizzato da un gruppo di lavoro composto dai ricercatori della Fondazione Ismu e dai rappresentanti del Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca, si propone di approfondire, con analisi statistiche puntuali, le caratteristiche della presenza degli alunni con cittadinanza non italiana in tutti i livelli scolastici
  5. Basandosi sui dati PISA del 2012, Paolo Barabandi ha analizzato le disuguaglianze sociali legate allo status di cittadinanza degli studenti nel contesto formativo italiano

Silvia Peirolo

Dottoranda presso l'Università di Trento (IT), mi sono laureata in Studi Internazionali all'Università di Wageningen (NL), all'Università di Torino (IT) e a Sciences Po Bordeaux (FR). Nata e cresciuta a Torino, ho vissuto in vari paesi per studi e lavoro. Di tutti i paesi, sono rimasta appassionata alla Sierra Leone, dove ho vissuto per sei mesi. Mi interesso alle questioni legate alla polizia e alla migrazione, con un focus geografico sull'Africa occidentale. Ho lavorato precedentemente con varie agenzie delle Nazioni Unite e parlo fluentemente inglese e francese.