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Quasi 900 i migranti entrati a Ceuta nelle ultime 72 ore

L’ombra del ricatto marocchino dietro gli ultimi ingressi nell'enclave

Photo credit: José Palazón

All’alba di oggi (20 febbraio 2017 n.d.R.) diverse centinaia di migranti hanno tentato di superare la valla di Ceuta. Sono riusciti ad entrare nella città in 360, una decina dei quali immediatamente trasferiti in ospedale a causa delle gravi ferite riportate nel superamento della doppia barriera che separa l’enclave dal territorio marocchino.

L’episodio, che ha avuto luogo nei pressi dell’altura del Sidi Ibrahim, segue di appena 72 ore l’ultima avalancha de inmigrantes registrata a Ceuta.

Solo tre giorni fa, infatti, circa 800 migranti avevano tentato di entrare in città forzando le porte di accesso del vallado nei pressi de El Tarajal, zona già interessata da diversi tentativi simili nel corso degli ultimi due mesi.

Le autorità cittadine hanno diffuso la notizia parlando di un “attacco congiunto” condotto in quattro punti diversi del perimetro di frontiera, fattore che avrebbe impedito agli agenti della Guardia Civil di bloccare la gran parte dei migranti e consentito a circa 500 di essi di entrare nell’enclave. Dal canto suo, il governo di Rabat ha fatto sapere che le forze di sicurezza marocchine impiegate nelle operazioni di controllo della frontiera avrebbero intercettato 250 migranti, 110 dei quali tratti in arresto e tenuti in custodia dalla prefettura di M’diq-Fnideq.

I quasi 900 migranti entrati a Ceuta nelle ultime ore sono stati tutti trasferiti nel CETI (Centro de Estancia Temporal de Inmigrantes) della città, struttura che già prima degli ultimi fatti stava fronteggiando una condizione di serio sovraffollamento, con oltre 620 persone ospitate a fronte di una capienza di 512 posti.

I precedenti

L’episodio dello scorso venerdì è stato, per numero di migranti coinvolti, uno dei più significativi che la città abbia registrato dal 2005, anno in cui la doppia barriera che circonda Ceuta per un perimetro di 8 km fu innalzata all’attuale altezza di 6 metri e gradualmente rafforzata con l’installazione di mezzi di dissuasione e strumenti tecnologici di sorveglianza.

L’enclave di Ceuta, assieme a Melilla l’unica frontiera terrestre tra l’Unione Europea ed il continente africano, è dagli anni ’90 uno dei principali punti di transito per i flussi migratori provenienti dall’Africa nera e dal Maghreb. A seguito della straordinaria pressione migratoria vissuta a metà degli anni 2000 la città ha visto mutare radicalmente la propria natura: l’avvio di una stretta collaborazione con il Marocco, unita ad un’opera di progressivo e costante rafforzamento degli strumenti di controllo del confine, l’hanno portata ad essere, oggi, una delle frontiere più militarizzate a livello globale.

Il mix tra militarizzazione del controllo e adozione di prassi per nulla rispettose dei diritti umani hanno fatto sì che, nel corso dell’ultimo decennio, gli ingressi dei migranti nell’enclave siano stati piuttosto contenuti. Quella di Ceuta è rimasta per vari anni una frontiera del tutto silente, sulla quale i riflettori sono tornati ad accedersi solo in poche e sporadiche occasioni (l’ultima per rilevanza nel febbraio 2014, con la tragedia de El Tarajal).

I costanti tentativi di superare le barriere portati avanti dai migranti, mai cessati nel corso degli anni, nella maggior parte dei casi si sono conclusi in un nulla di fatto; l’ultimo risale allo scorso 1° gennaio, quando circa 1.100 migranti hanno cercato, senza successo, di superare la valla: anche in quell’occasione le imponenti operazioni di respingimento condotte dalla Guardia Civil assieme agli agenti marocchini hanno impedito loro di entrare nella città.

Photo credit: Antonio Sempere
Photo credit: Antonio Sempere

I fatti dello scorso venerdì sembrano segnare, in proposito, un punto di svolta.
L’ingresso nella città di circa 500 migranti in un’unica azione ha motivato il viaggio urgente a Ceuta del Segretario di Stato per la Sicurezza, José Antonio Nieto, che giunto nell’enclave per esprimere il pieno sostegno del governo di Madrid alle autorità locali ha annunciato che il governo sta lavorando all’accelerazione dei progetti previsti per l’ulteriore rafforzamento della sorveglianza in punti specifici nel vallado.

Nello specifico, entro il primo semestre di quest’anno dovrebbe essere varato, con uno stanziamento di circa 20 milioni di euro, un piano di modifica e ampliamento del passo de El Tarajal che consentirebbe di convertirlo definitivamente in una “frontiera intelligente”. Nieto ha annunciato, inoltre, che si sta lavorando all’ipotesi di ricorrere all’utilizzo di droni affinché gli agenti incaricati del controllo di frontiera possano essere allertati preventivamente dell’eventuale avvicinamento di gruppi di migranti al perimetro della città.

Se il progetto vedrà effettivamente la luce si avrà modo di verificarlo solo nei prossimi mesi, ma ad ogni modo le parole di Nieto sembrano confermare che il governo spagnolo pare ben propenso ad accogliere le richieste avanzate dall’AEGC (Asociación Española de Gurdias Civiles), che in più occasioni ha lamentato proprio l’assenza di sistemi che, consentendo un’individuazione previa dei “punti caldi” della frontiera, avrebbero permesso un migliore dispiegamento delle forze di sicurezza e, di conseguenza, una più efficace opera di respingimento dei migranti.

Una strategia, questa, che consentirebbe a Madrid di controllare la frontiera di Ceuta senza dover fare necessario affidamento sull’operato delle forze marocchine dall’altro lato della stessa.

Photo credit: Antonio Sempere
Photo credit: Antonio Sempere

Il ruolo del Marocco

Negli ultimi giorni, infatti, da varie parti si è ventilata l’ipotesi per cui il successo degli ultimi tentativi di ingresso dei migranti a Ceuta potrebbe non essere del tutto casuale. Un’ipotesi che, soprattutto alla luce dei fatti di stamane, apparirebbe ancor più realistica.

I fatti delle ultime 72 ore avvengono a meno di due settimane di distanza dalle dichiarazioni che il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca marocchino, Aziz Akhannouch, ha rilasciato in un’intervista concessa all’AFP (France Presse). In essa, parlando più in generale dei recenti sviluppi occorsi nei rapporti tra il Marocco e l’Unione Europea in materia di libero scambio, ha tenuto a rimarcare l’importanza del ruolo svolto dal proprio Paese nel controllo dei flussi migratori diretti in Europa, accennando, nel caso in cui la UE non dovesse tenere nella giusta considerazione tale sforzo, alla possibilità di drastici cambiamenti nella posizione del Marocco in materia di politica migratoria.

Entrando nel dettaglio, al centro della disputa tra il Marocco e l’Unione Europea vi è l’interpretazione del trattato bilaterale di libero scambio per i prodotti agricoli e la pesca in vigore dal 2012. Negli scorsi anni tale trattato è stato oggetto di varie ridefinizioni che hanno finito per sancirne l’applicabilità anche ai territori del Sahara Occidentale, formalmente sotto il controllo di Rabat ma, nei fatti, oggetto di una contesa decennale tra il governo marocchino e il Fronte Polisario, che ne rivendica l’indipendenza.

Photo credit: Antonio Sempere
Photo credit: Antonio Sempere

Proprio il Fronte Polisario, nel 2015, ha presentato un ricorso alla Corte di Giustizia Europea al fine di ottenere l’esclusione del Sahara Occidentale dall’ambito di applicazione del trattato, e nel dicembre 2016 la Corte si è pronunciata sulla questione emettendo una sentenza piuttosto significativa: se da un lato ha rigettato il ricorso ritenendo che il Fronte Polisario, in quanto soggetto non riconosciuto dalla comunità internazionale, non possa ritenersi legittimato a ricorrere, dall’altro ha stabilito che l’area del Sahara Occidentale, proprio perché zona contesa e quindi non riconosciuta unanimemente come territorio soggetto alla sovranità marocchina, sia da considerarsi non soggetta all’applicabilità del trattato stipulato tra la UE ed il Marocco. In altre parole, Rabat non può più disporre dei prodotti provenienti dal Sahara Occidentale per il suo libero scambio con l’Unione, aspetto che, considerando che buona parte dei prodotti sinora esportati dal Paese provenivano proprio da quell’area, va ad imprimere un duro colpo alle transazioni commerciali che il Marocco intrattiene con la UE.

È per questa precisa ragione che lo scorso 6 febbraio il Ministro marocchino, esprimendo la propria insoddisfazione per la posizione assunta dalla Corte, ha dichiarato: “Abbiamo un accordo commerciale di libero scambio […], ma purtroppo ci sono delle zone grigie. Bisogna essere chiari sull’avvenire che vogliamo sviluppare tra il Marocco e l’Unione Europea. […] Finora il Marocco ha gestito con successo i flussi migratori sostenendo uno sforzo notevole, ma potrebbe senz’altro esservi una ripresa degli stessi”.

Photo credit: Antonio Sempere
Photo credit: Antonio Sempere

In questa dichiarazione molti hanno letto un chiaro avvertimento rivolto direttamente all’Europa, un monito che, qualora l’Unione non modificasse la propria posizione rispetto alle questioni commerciali che interessano il Paese, potrebbe concretizzarsi in un significativo allentamento della sorveglianza marocchina alle frontiere di Ceuta e Melilla.

Interrogato proprio su questo punto dall’AFP, il premier spagnolo Rajoy ha affermato che le relazioni tra Madrid e Rabat in materia di controllo dei flussi migratori sono tuttora da ritenersi eccellenti, tentando così di quietare le voci di un improvviso cambio di rotta nell’atteggiamento del governo marocchino. La stessa posizione è stata ribadita da Nieto in occasione della sua visita a Ceuta, durante la quale ha sì difeso la collaborazione in essere con il Marocco nella gestione dei flussi migratori verso le enclaves spagnole, salvo però sottolineare come la Spagna debba proseguire incessantemente nel rafforzamento del proprio sistema di controllo per fare in modo che la sicurezza delle enclaves non venga a dipendere in maniera imprescindibile dall’operato delle forze marocchine dall’altro lato della frontiera.
Ad ogni modo, ciò che ad oggi appare evidente è che, a Ceuta, episodi come quelli avvenuti nelle ultime 72 ore non si registravano ormai da diverso tempo.

L’associazione Caminando Fronteras ha rilevato come, effettivamente, in entrambe le occasioni sia stata accertata una scarsa presenza delle forze marocchine dal lato esterno della valla della città, fattore che ha indubbiamente facilitato l’ingresso dei migranti nella stessa.

Se si tratti di una casualità o se, al contrario, il Marocco abbia davvero abbassato la guardia sul controllo dei flussi è ancora difficile a dirsi; certo è che, se dovesse rivelarsi fondata la seconda delle ipotesi, fatti come quelli degli ultimi giorni potrebbero tornare a ripetersi a breve, con ripercussioni piuttosto preoccupanti sulle già precarie condizioni di accoglienza che la città di Ceuta pare in grado di assicurare.