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Rapporto SPRAR 2012/2013

La rete di accoglienza integrata si allarga. Ma il sistema dei centri, le continue emergenze e le norme europee mettono in crisi la sua efficacia

Foto di Lorenzo Masi

A Roma la presentazione del rapporto SPRAR per l’anno 2012/2013 in previsione dell’allargamento della disponibilità dei posti per il triennio 2014/2017.

Il Rapporto restituisce una istantanea sul numero e il profilo dei beneficiari accolti, sui servizi offerti e sulla distribuzione nazionale e regionale dei richiedenti asilo e rifugiati presenti nella rete degli enti locali del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). Diviso in quattro sezioni tematiche (analisi dell’accoglienza integrata nella rete dello SPRAR, accoglienza a livello regionale, focus sulla protezione internazionale in Europa e in Italia e la condizione di rifugiati e richiedenti asilo nel mondo), il rapporto assume un’importanza significativa nell’evidenziare le diverse fasi di allargamento della rete, culminate nell’ultimo anno nel passaggio dai 9500 ai circa 20000 posti previsti dall’ultimo bando.
I dati ufficialmente diffusi lo scorso 29 gennaio, rispetto ai progetti approvati dal bando evidenziano il raggiungimento di una disponibilità di circa 12.000 posti effettivi con ipotesi di allargamento della capienza in via temporanea, messa a disposizione dai progetti.

Se da un lato il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati si fa strada, dall’altro però fa i conti con un quadro politico/normativo, italiano, europeo e globale, che depotenzia di gran lunga le sue possibilità.

In una ricerca di pochi mesi fa sul disagio abitativo in Italia, condotta dalla stessa Cittalia redattrice del rapporto SPRAR, si evidenzia la particolare condizione dei richiedenti asilo e rifugiati che, nel 18% dei casi (da notare la difficoltà di raggiungere tali situazioni), hanno dichiarato di dormire in stabili abbandonati, palazzi occupati o sistemazioni di fortuna.

Da un lato la permanenza ormai cronica di conflitti “alle porte dell’Europa” pone il problema di una crescente domanda di protezione a cui gli Stati dell’Unione devono per forza far fronte, dall’altro l’UE, Italia in primis, sembrano faticare nel predisporre un quadro armonico ed efficacie quanto all’accoglienza di chi fugge dalla guerra.

Il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati opera in maniera diversificata sul territorio. Gli enti locali impegnati nei progetti integrati, pur dovendo rispondere ad alcuni criteri minimi, hanno ampio margine di manovra sulle scelte progettuali. Questo rende possibile la disarticolazione di pratiche che si presentano di volta in volta adeguate a seconda dei contesti territoriali, ma introduce evidentemente anche il rischio di progetti inadeguati e non sempre efficienti.
In ogni caso lo SPRAR rappresenta certamente un’ipotesi di accoglienza diffusa e decentrata da ampliare e diffondere. Ma è venuto forse il momento di pensare anche a come rinnovarlo, ripensandolo non solo rispetto alla quantità dei posti messi a disposizione, primo obiettivo raggiunto, ma anche con riguardo alla strategia ed alla qualità dei servizi offerti.

Molto spesso è infatti il contesto in cui si trova ad operare ad essere determinante. Il sistema dei Cpsa, dei grandi centri come i CARA e dei circuiti emergenziali di volta involta messi in campo dal Governo per rispondere a presunte “ondate” di “profughi”, pone evidentemente un problema più ampio rispetto all’organicità del sistema di accoglienza italiano. A questo vanno aggiunti i limiti posti dalle normative europee in materia di circolazione, da Dublino a Schengen, che ingabbiano i richiedenti asilo e i titolari della protezione internazionale nel primo stato di arrivo. Si tratta di una questione che investe direttamente l’efficacia dei progetti SPRAR laddove questi ultimi sono chiamati a costruire percorsi di autonomia ed indipendenza che difficilmente possono trovare spazio e risorse (lavoro, etc, etc) se riversati nel solo contesto nazionale. Ma è la stessa questione della libertà di circolazione ad essere connessa a doppio filo a quella della qualità dell’accoglienza in Italia. Gli stati dell’Unione sembrano difficilmente disposti ad accettare la possibilità di circolazione europea di richiedenti asilo e rifugiati fino a quando non vi sia un adeguamento degli standard di accoglienza a livello comunitario. Diversamente, infatti, proprio quegli stati in cui l’accoglienza ha assunto livelli qualitativi ottimali, rischierebbero di diventare poli attrattivi esclusivi per chi chiede protezione.

Bene quindi l’allargamento dei posti disponibili. Ora è necessario rinnovare ed adeguare il sistema di accoglienza italiano ed europeo.

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Rapporto SPRAR 2012/2013

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La popolazione in forte disagio abitativo in Italia