Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

This land is your land: Pio D’Emilia e Pierre Bourrigault

Un periodico promosso da Melting Pot Europa e ideato da Fabrizio Urettini

Pierre Bourrigault / This land is your land
Pierre Bourrigault / This land is your land

A ben pensarci, dietro tutte le cosiddette “calamità naturali” c’è lo zampino, anzi, la zampaccia, dell’uomo. Pensiamo alle frane, alle esondazioni, gli “incidenti” nucleari, financo gli tsunami.

Poi ci sono le tragedie umane dove la natura c’entra poco o niente, e dove la zampaccia dell’uomo è la sola e unica responsabile. La tragedia dei Balcani, e più in generale quella dei migranti che stanno “invadendo” la nostra vecchia, colpevole e ipocrita Europa, è certamente tra queste. Nei mesi che ho coperto, come inviato di Sky Tg24 questa tragedia tutt’ora in corso mi sono sentito ogni giorno più indignato, inerme e furibondo, ma anche più colpevole per una vicenda di cui l’Europa dovrebbe vergognarsi e ravvedersi, anziché stupirsi, accusarsi a vicenda, e perdersi in riunioni senza senso.

E sì che dovremmo essere quasi grati, a questi migranti, perché all’improvviso (fino ad un certo punto: era ovvio che dopo aver “esportato” la democrazia bombardando la popolazione civile il risultato sarebbe stato questo) ci siamo ritrovati, noi saggi, civili e arroganti europei, a confrontarci con le nostre contraddizioni. Nel momento più opportuno. Europa chi? Dove? Quando? Dalle battaglie per le quote latte ci siamo ritrovati a discutere – per modo di dire – di quote umane. Tanti a me, tanti a te. Una vera vergogna, per un continente e per popoli che hanno subito guerre e devastazioni, e che hanno a loro volta migrato, non sempre e non solo portando ricchezza e progresso. Che ci sta succedendo? Come si fa ad immaginare – e sostenere in pubblico, come fanno certi legaiolfascisti alla Salvini – che questa povera gente, spesso più educata e colta di molti di noi – rappresenti un rischio, e come tale debba essere tenuta alla larga, come fossero degli appestati o degli “infedeli” di medievale memoria? Come si fa a perdersi in assurde, ipocrite e di fatto impossibili distinzioni tra rifugiati politici ed economici?

Bastano pochi giorni, poche ore passate assieme a loro per capire che non si tratta di appestati, di scarti, e nemmeno di poveracci. Molti sono benestanti, famiglie intere che fuggono dai loro paesi in guerra e non chiedono altro che di esercitare un diritto sacrosanto – quello di poter i seguire/perseguire la felicità – che dovrebbe essere riconosciuto come uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Il diritto di sentirsi sempre e comunque ospiti, e non nemici, come teorizzava alla fine del 700 Emmanuel Kant: tre secoli buttati alle ortiche, insomma. Da Rousseau a Salvini. Ma dove siamo finiti?

Il problema è che indignarsi non basta. E nemmeno mobilitarsi, come molti cittadini europei hanno fatto, italiani compresi, cercando di portare al “fronte” quell’aiuto e quella solidarietà che enti, istituzioni e agenzie internazionali non sono riusciti, o non hanno voluto, fornire. Uno scandalo nello scandalo.

Non basta indignarsi, dunque, bisogna anche reagire, trovare delle soluzioni, imporle a chi ci governa. Perché questa è una tragedia appena iniziata. E non si tratta di poche centinaia, migliaia, centinaia di migliaia di persone. E nemmeno di un fenomeno limitato all’Europa. L’antropologo Michel Augier parla di un miliardo di persone che nei prossimi 30 anni di sposteranno da un luogo all’altro. Solo degli idioti, dei populisti da strapazzo come l’ungherese Orbàn o l’indigeno Salvini possono pensare – nel tentativo di raccoglier voti facili – di poter arrestare un fenomeno del genere con fili spinati, muri di cemento, polizia a cavallo e cani anti-uomo.

La soluzione non può essere che una: sul piano concreto organizzare/gestire/difendere al più presto una serie di corridoi umanitari che garantiscano il passaggio delle frontiere e l’assistenza di base ai migranti. Dal punto di vista politico, ed esercitando ogni sorta di pressione, quello di far approvare il famoso diritto di asilo europeo, senza distinzione tra rifugiati politici, migranti economici, profughi vari. Un diritto d’asilo valido per tutta l’Europa, e che tenga fuori dall’Europa non i migranti che chiedono di entrarvi, ma i paesi che rifiutano di concederlo e di farli entrare. Meglio un’Europa colorata, che un’Europa integralfascista.

Pio D’Emilia

Fabrizio Urettini

Sono attivista e art director. Nel 2016 ho fondato Talking Hands, studio artistico permanente che permette alle persone delle comunità di rifugiati di disegnare, creare e vendere prodotti di moda e design.
Talking Hands valorizza la diversità, la comunità, la formazione, il design sostenibile e le pratiche commerciali etiche.