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Viaggio nell’Italia della mala accoglienza. Nel Trentino si torna allo logica dei grandi centri senza servizi

Un report a puntate della campagna LasciateCIEntrare

“La nuova giunta provinciale ha preso alla lettera tutti i provvedimenti che sono arrivati da Roma – spiega Stefano Bleggi del Progetto Melting Pot Europa -. Ha eseguito pedissequamente gli ordini del ministro Salvini, bypassando l’autonomia territoriale. I piccoli centri di accoglienza e gli appartamenti che garantivano una accoglienza diffusa e di buona qualità, verranno dismessi. I migranti saranno progressivamente trasferiti a Trento, alla Residenza Fersina, che è il centro più grande di tutta la Provincia. Qui attualmente ci sono circa 150 migranti ma il numero è destinato ad aumentare entro brevi termini. In poche parole, siamo tornati alla logica dei grandi centri di raccolta in cui è prevista solo la custodia delle persone, senza nessun percorso di inclusione o servizio di sostegno”.
Si procede verso il gestore unico di tutti i Cas della Provincia che sarà la Croce Rossa Italiana che fin dalla sua apertura ha sempre gestito il Cas di Campo Marco a Rovereto dove l’anno scorso sono scoppiate proteste per le pessime condizioni e, da marzo, anche residenza Brennero. A fine settembre la Croce Rossa prenderà anche l’appalto per la residenza Fersina.

Le ultime elezioni trentine hanno visto la vittoria della Lega. La nuova giunta presieduta dal leghista Maurizio Fugatti si è immediatamente impegnata a fare quanto promesso in campagna elettorale: “liberare” le valli dai profughi. Sin dal loro insediamento, hanno cominciato a smantellare tutte le buone pratiche di accoglienza che erano state avviate nel Trentino.

“Un attacco aggressivo a tutto quello che di buono era stato costruito, anche a fatica, nel territorio. In alcune valli e in molti piccoli Comuni era stato svolto un grande lavoro di molti attori sociali e istituzionali per vincere la paura, in molti casi indotta, dei residenti nei confronti dei nuovi venuti. Dopo qualche momento di resistenza, la situazione si stava evolvendo positivamente. Adesso tutto è stato gettato alle ortiche”.

Emblematico il caso di Lavarone. Quando nel 2016 la Provincia, in accordo col Comune, decise di aprire un centro di accoglienza per 24 donne, oltre alle proteste di qualche residente, fu messo in atto anche un attentato incendiario. Degli ignoti appiccarono il fuoco alla porta della casa. “Poi il progetto procedette molto bene tanto che sono numerosissimi gli appelli dei cittadini dell’Altopiano a non chiudere il centro. Molte di queste donne oggi lavorano nel turismo e gli imprenditori hanno bisogno di loro. Addirittura un prete, Marcello Farina, ha proposto di non celebrare la messa pasquale per protestare contro la chiusura del centro e l’allontanamento delle donne. La faccenda è rimbalzata su tutti i giornali”.

Altra questione da sottolineare è il drastico taglio dei servizi. Un altro capitolo su cui la Lega aveva costruito la sua campagna elettorale. Chiusi dal primo gennaio i corsi di italiano. Ritirate anche le tessere dei trasporti. “Non viene più garantito neppure il minimo livello di inclusione!” denuncia Stefano. Da sottolineare che il ritiro delle tessere per i trasporti è avvenuta il 1 marzo, quando molte persone l’avevano appena rinnovata per altri sei mesi. “Un atto assolutamente discriminatorio e arbitrario che preclude la possibilità ai migranti di cercare lavoro, di completare il percorso scolastico o di seguire gli stage formativi messi a disposizione dalle aziende. In Trentino, l’occupazione si concentra soprattutto nelle valli, nei settori dell’alberghiero o dell’agricoltura. Senza possibilità di spostarti hai meno possibilità di trovare lavoro”. Da sottolineare che ai migranti è stato ordinato di riconsegnare le tessere pena la perdita del pocket e food money.

In fase di chiusura anche lo sportello di orientamento al lavoro. “Un servizio che, val la pena ricordarlo, non può essere considerato sostitutivo ma fondamentale per dare loro la possibilità alle persone di costruirsi un futuro dignitoso”.

Lo smantellamento del sistema di accoglienza, denunciano Cgil, Cisl e Uil, ha causato la perdita di lavoro circa 150 dipendenti, che sono state lasciate a casa tra contratti non rinnovati e licenziamenti.

Un punto focale è quello della mancata accoglienza per i migranti che fanno richiesta di protezione. “I migranti arrivano qui attraverso la rotta balcanica. Vogliono fare domanda di asilo ma gli viene richiesto sia dal Cinformi e sia dalla Questura un domicilio. La dichiarazione di ospitalità o di una autonoma sistemazione è illegittima, non solo perché non trova alcun fondamento normativo, ma perché è una richiesta inutile e sproporzionata, lo confermano numerose sentenze e la direttiva UE n. 33 del 2013. Di fatto le persone rimangono mesi interi a vivere in strada o nei dormitori di bassa soglia. C’è stata anche una denuncia formale per mancata accoglienza, a tale proposito, e stiamo aspettando l’esito”.

“Insomma, la situazione è molto grave. Di positivo ci sono solo le mobilitazioni che hanno portato in piazza molta gente, gli appelli alla solidarietà, i corsi di italiano dei volontari, le raccolte fondi e le numerose persone che accolgono in casa e nelle sede associative. Tante voci fuori dal coro che si sono levate per denunciare la situazione ma è chiaro come il sole che le condizioni materiali dei richiedenti asilo peggioreranno e aumenteranno le proteste dettate da rabbia e frustrazione”.

Campagna LasciateCIEntrare

La campagna LasciateCIEntrare è nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e nei C.A.R.A. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo): appellandosi al diritto/dovere di esercitare l’art. 21 della Costituzione, ovvero la libertà di stampa, LasciateCIEntrare ha ottenuto l’abrogazione della circolare e oggi si batte contro la detenzione amministrativa dei migranti continua »

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.